home Da Delia Socci un altro racconto, stavolta autobiografico. Di Delia i frequentatori di questo sito conoscono altri scritti, nonche` le capacita` organizzative che ella pone a servizio della Comunita' , con grande generosita' . Lo scritto che presentiamo  gronda di umanita` autentica, trattando dei sentimenti di una bambina con una sincerita` che si sente   totale, con una semplicita` che ben si adatta al tema, con un amore grande per le persone ed anche per le situazioni e gli ambienti nei quali la breve storia si svolge; un racconto breve, un  pezzo di storia breve, una  favola  breve.. Thank you Delia. October 15, 2007.

Dedicato alla memoria di mio padre che quest’anno avrebbe compiuto 100 anni di eta`. L’uomo che tutti conoscevano come Alberto Socci.

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Ero grandicella quando conobbi mio padre per la prima volta. Ritorno` a casa dopo circa otto anni di campo di  concentramento nel territorio di Tankanica.Quanto segue e`un semplice racconto dedicato a un uomo esemplare retto e generoso rispettato da amici e parenti. Amante della famiglia, per noi sacrifico` tanto di se` per “ aprire il passo” ed emigrare come tanti altri settefratesi nella lontana America per offrire a noi figli un futuro  migliore pieno di speranze che Settefrati non avrebbe mai potuto dare. Mio padre amava il suo paesello e sognava sempre il giorno che sarebbe tornato. Ma come sempre succede quando la famiglia si stabilsce in terra lontana  e nascono figli e nipoti diventa praticamentee impossibile lasciarli eccetto per qualche visita al paese lontano.

 

Il mio amato padre si e` spento il 10,1987 ottobre esattamente 20 anni fa.

Il Signore l’ha accolto nella pace eterna.

 

 

 

PAPA’ RITORNA 

 

Il 10 gennaio 1947  era una sera limpida e stellata,  la luna illuminava le strade scure del paese. Faceva tanto freddo in giro non c’era nessuno, nemmeno i ragazzi in piazza a giocare a palline.

 Io, la nonna e la mamma eravamo sedute vicino al fuoco  che quasi si spegneva. Inutile mettere altra legna a bruciare tra poco saremmo andate a letto. La nonna seduta sulla panchina a un lato del camino aveva finito di lavorare coi ferri e aveva preso la corona che aveva sempre in tasca e  recitava il rosario. Ogni tanto  cadeva dal sonno e scapezzava mormorando un’Ave o un Pater poi  si svegliava di soprassalto e  ricominciava le sue preghiere. La mamma sedeva all’altro angolo, il viso sempre mesto con gli  occhi tristi  guardava lontano non so dove. Io stavo seduta sul gradino  di fronte al focolare, imparavo la poesia  che dovevo recitare il domani a scuola. La poesia era intitolata  “la camicina”  l’avevo letta un paio di volte alla luce del lumicino e l’avevo memorizzata.

Erano passato tanto tempo dalla fine della guerra ma l’impianto elettrico non era ancora stato riparato in paese. Il lumicino acceso faceva poca luce e mandava grandi ombre sul muro. A me parevano tanti giganti che si muovevano nell’ombra. Lo stoppino della lucerna bruciava e mandava un filo di fumo nero verso la soffitta lasciando macchie nere .

Tra me pensavo:"chissa’ come sarebbe orgoglioso papa’ se mi sentisse recitare". Avevo pregato tanto, avevo scritto nella letterina a Gesu’ Bambino,  che avesse fatto tornare mio padre. Ma un altro Natale era passato e  anche l’Epifania,  e di mio padre nessuna notizia. Mio padre era ancora in un campo di concentramento nel territorio del Tanganica. Lo zio Michelangelo  si era informato tramite la Croce Rossa di quando avremmo potuto rivederlo ma non gli avevano detto niente di definitivo.

Mentre noi tre eravamo assorte ognuna nei nostri pensieri, qualcuno busso’ alla parta. Credevo si trattasse di mio zio Paolo, era tornato pochi mesi prima e ogni sera prima di andare a dormire veniva a darci la buona notte. Corsi alla porta chiamando il suo nome. Prima che arrivai alla porta l’uscio si apri e due forte braccia mi presero mi abbracciarono e mi stringevano forte. Io gridai e menavo pugni mentre cercavo di svincolarmi . Corse subito mia madre, aveva capito all’istante di cosa si trattava. Nonna Rosa, insonnolita ancora, non si era accorta di niente......ma solo per pochi secondi poi anche lei capi’ e corse verso la porta. Io non capivo piu’ niente, questo sconosciuto ora abbracciava mamma, ora nonna e a me non mi lasciava andare. Voci confuse mi arrivavano “e’ papa’ e’ papa’” e lo straniero :”sono papa’, Delia,sono tuo padre”  Mamma non diceva niente . ...piangeva e rideva. Poi cominciai a capire, era mio padre, Papa’ era tornato. Ancora baci e abbracci per tutti. 

Certo non lo avevo riconosciuto, non lo avevo mai visto, ero nata dopo che egli era andato  in Africa. Nelle fotografie che avevo di lui non sembrava  la stessa persona.

Il padre che avevo per tanti anni desiderato era tornato. Ora anche io avevo un padre come tutte le amichette mie. Ancora eravamo abbracciati tutti .

Poi nonna si stacco  da noi si inginocchiò per terra si fece il segno della croce, disse una preghiera rese grazie a Dio dicendo: “te ringrazie Signor mi sie fatte rimeni tutti gli figli a casa”  baciò la terra  e si rialzò.

 

 

PAPA’ E’ TORNATO

Seconda parte

 

Dopo un pò cominciò ad arrivare gente a casa. Si spargeva la voce che  qualcosa di grande stava succedendo alla casa di za`  Rosa. Prima arrivo` zio Paolo, con mio padre erano stati in Africa insieme prigionieri in diversi campi di concentramento. I due fratelli si abbracciarono, in quei pochi istanti passò tra loro due una vita  di ricordi fatta di sacrifici e sofferenze vittime di una crudele guerra che li aveva strappati dalla famiglia per tanti anni. Poco dopo arrivò zio Michelangelo. Io ero tanto affezionata a lui. Mi voleva bene ed aveva in qualche modo, come meglio poteva, fattomi da padre. I due fratelli si abbracciarono, si baciarono e si riabbracciarono ancora lacrime scorrevano liberamente  dai loro occhi. In quei pochi minuti passò tra loro un amore fraterno unico, infinito capace di far scordare in un momento tutte le afflizioni di dieci anni passati. Arrivarono altri amici e parenti. Arrivò un nostro cugino con la fisarmonica, la suonava bene  e si misero a cantare stornelli. Come era diversa questa sera da tutte le altre sere a casa quando solo noi tre sedute vicino al fuoco parlavamo poco prima di andare a nanna. Ora c’era musica, allegria dove prima era stata tristezza e malinconia. Mentre tutti si erano radunati in cucina a parlare e cantare vidi al nonna  uscire con un aria tutta misteriosa. Rientrò poco dopo, con una mano reggeva i pizzi dello zinale che aveva pieno di non so che,nell’altra portava una bottiglia di vino nuovo da poco travasato.

. Mise il vino sulla tavola, apri il grembiule e cacciò una pezza di cacio fresco, un bel pezzo di prosciutto e tante salsicce. Aprì la massa prese una pagnotta di pane fresca andò verso mio padre gli mostrò il formaggio, il prosciutto e le salsicce e gli disse: “quest le teneva  `male repueste sule pe te” Lui con tanto amore rispose:”Ma` si sempe tu piense sempre aglie figlie” e lei:” è ver pero mo tienga pensà pure aglie nipute. “

Poche settimane prima l'avevo sorpresa giu' in cantina  arrampicata su una scaletta stava nascondendo qualcosa sopra al forno. Mi disse di stare zitta e di non dire niente a nessuno. Ed io non avevo fiatato di quel suo misterioso comportamento:  era appunto per conservare il pezzo  di formaggio, sapeva che quando tornava l'ultimo dei sui figli doveva fargli trovare qualcosa di speciale. 

 Si faceva  tardi e la gente cominciava ad andarsene, si tiravano il bavero su attorno agli orecchi e uscivano nella notte  fredda per andarsene alle loro case. Eravamo rimasti soli. io ero stanca e ancora tanto confusa dagli eventi di quella sera. Fu la nonna  a parlare per prima diede a mamma e papa' la candela, prese la mano di mio padre la mise nella mano di mia madre e disse: riprenditi la tua sposa. Mamma abbasso' gli occhi.

Poi nonna si volto' verso di me e disse:" tu stasera dormirai con me " io la guardai attonita e le chiesi puntando il dito a mio padre: "e lui dove dorme?" e lei:"con tua madre" Mi voltai di scatto verso mia madre per farmi dire che non era vero che io e lei avremmo dormito insieme, noi tre, io mamma e mammarosa nel grande letto come avevamo sempre fatto nelle notti tanto fredde. Mamma non disse niente.           

No non poteva essere che questo estraneo ora prendeva il mio posto accanto a mia madre no! assolutamente. Dissi a nonna con voce stizzita :"manda lui a dormire nella stanzetta io vado a dormire con  mia madre". La nonna mi prese la mano e mi trascino' su' nella stanzetta sua. Non ero affatto contenta della piega che avevano prese le cose. Avevo il padre ma perduta la madre. Non ci capivo niente. Mi misi a letto,  passo' tanto tempo prima che mi addormentai. La mattina dopo mi svegliai con un gran mal di capo. Avevo un febbrone. Mi sedetti vicino al fuoco, rinunciai anche la colazione. Niente in casa era lo stesso, tutto stava cambiando rapidamente.

Quel pomeriggio venne a visitarci il mio insegnante. Si saluto' calorosamente con mio padre. Si accomodo', sentii che parlava di me ed era tutto buono quel che diceva. Diede a mio padre un buon rapporto di me. Poi aggiunse che per qualche  giorno non era necessario che  io andassi a scuola potevo restare a casa a far compagnia a mio padre. I compiti me li avrebbe mandati per un altro scolaro. Rimasi con la febbre una settimana. Il medico disse che l'emozione di quella sera mi aveva scosso un po' ma che sarei stata bene in pochi giorni. E cosi fu. Per me, per noi, era cominciata una nuova vita. 

Pian piano mi abituai alla presenza dello straniero a casa. Lo straniero che era mio padre. Sentivo che mi voleva bene,mi faceva sedere accanto a se' e mi raccontava della sua vita vissuta lontana da noi. Io ascoltavo attentamente sgranando gli occhi quando raccontava delle belve feroci che aveva visto in Africa.

Poi mi domandava di parlargli di me della vita trascorsa con mamma e nonna. io lo facevo e lui faceva tante domande. La mamma era tornata a sorridere e la nonna non faceva altro che ringraziare  tutti i Santi per aver fatto tornare a casa sani e salvi i suoi quattro figli che aveva in guerra. 

Delia Socci