HOME Ricevo da Alessio Apruzzese che ringrazio : Ciao Antonio ti invio in allegato "Ricordo di Natale". Tantissimi auguri di buon Natale e felice anno nuovo a tutti i visitatori del sito e agli emigrati settefratesi. |
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Ringrazio l'amico Domenico Vitti per il racconto che ha inviato e per la riproposizione del messaggio di auguri natalizi del 1989. Sono certo che molti paesani apprezzeranno e si augureranno, come io mi auguro, molti altri contributi di idee e molte testimonianze di affetto per il nostro paese da Domenico, che da queste pagine ringrazio e saluto affettuosamente. Antonio Vitti 24 Dicembre 2009 |
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Ricordo di Natale
di Domenico Vitti
Le festività del Natale mi riportano agli anni 1930 quando ero ragazzino (eravamo cinque fratelli e tre sorelle). Dal 16 al 24 dicembre in chiesa si svolgeva la Novena in preparazione al Natale con grande partecipazione di ragazzi e adulti e in contemporanea quella degli zampognari (Francesco Pompa suonava la zampogna e Mariuccio Macari il piffero e ad intervallo cantava “tu scendi dalle stelle”). Piccoli e grandi sprigionavamo allegria e gioia. Mi torna in mente la mamma indaffarata alle pentole sul fuoco e all’impasto di farina e patate per le tradizionali “ciammellette” e “crespelle” con baccalà o sedano. Negli intervalli, per il pranzo di Natale, impastava a mano farina e uova, la stendeva e tagliava a forma di fettucce. Predisponeva tutto il necessario sia per la cena della vigilia che per il pranzo di Natale, il tutto rigorosamente fatto in casa. Per la cena della vigilia e pranzo di Natale si mangiava a tavola ognuno con il suo piatto (normalmente si mangiava con un unico piatto posto al centro del tavolo). I più piccoli preparavano una letterina diretta a Gesù Bambino con la quale ci si impegnava ad essere più buoni ed ubbidienti e si poneva sotto il piatto di mamma o tata (papà). Prima dell’inizio della cena se ne dava lettura. Seguiva la consegna dei regali di Natale (dieci, venti, cinquanta soldi e una lira, secondo l’età). La gioia era così tanta che quasi si poteva toccare. Intanto iniziava la cena: spaghetti aglio e olio o al sugo di tonno all’olio, o la sagna pelosa (sagne senza uova e tagliata doppia - aglio e olio), pane ammollo della vigilia (pane secco, fagioli cannellini, sedano e olio); baccalà al sugo con prugne e fichi secchi; ciambellette e crespelle fritte e frutta secca. Non mancava un torroncino prodotto dal laboratorio artigianale dei fratelli Di Tullio di Alvito chiamato “La Fontanella” a forma e grandezza di un mezzo sigaro toscano (impasto di nocciole intere o frantumate tenute insieme da una pasta di miele zucchero e albume di uova rivestito con ostia - costava venti centesimi). A chiusura si usciva, i più piccoli correvano verso la chiesa per giocare all’antichissimo “Tris” (si giocava in due con tre pietruzze ciascuno, chi riusciva a metterle in verticale o orizzontale era vincitore). Al suono della campanella tutti di corsa in chiesa per la messa di mezzanotte. Il giorno di Natale tutti a tavola per il pranzo: brodo di gallina con le rigaglie e uova battute; sagne all’uovo fatte in casa, bollito di gallina a pezzetti saltati in padella (olio, aglio e peperoncino); agnello alla brace, ciambellette e crespelle, frutta secca. Si chiudeva con il caffè (orzo, ghianda di quercia castagnera e acini d’uva macinati). Chi aveva le possibilità aggiungeva alcuni chicchi di caffè. Il vino naturalmente ottimo e di nostra produzione (verdisco bianco e rosso di uve miste: verdisco, pampanaro, lecinara, sirac ecc.). Per i piccoli acqua o tè di radici di gramigna. Diranno i lettori: altro che cenone e pranzo del Natale di oggi! Quale fame avete sofferto allora? Tali pasti venivano consumati esclusivamente in tre occasioni: Natale, Pasqua e alla morte di un parente il famoso “canestro”. Gli altri giorni si mangiava un primo (polenta, tacconelle, sagne o pane ammollo), o un secondo (una “saraca” (salacca) innaffiata di olio ogni tre persone o una ricotta ogni cinque persone, o una fettina di formaggio o una scatoletta di tonno all’olio o di carne in conserva con pane di mais. Il pane bianco (di grano) si mangiava nei periodi caldi, a Pasqua e Natale. Al cenone di fine anno: polenta al sugo e cotiche con lenticchie. Cosa potremmo dire per questo Natale a un mondo dominato dall’odio e dall’egoismo, dal disprezzo dell’altro, dalla sopraffazione, dal materialismo? Nel Natale 1989, in qualità di Sindaco, inviai una lettera di auguri alle famiglie e ritengo ripresentarla ai lettori perché attuale:
Abbiamo riscritto il testo di cui sopra perche' l'originale che diamo di seguito e` pervenuto era un po' sbiadito.
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