La Visione Di Alberico Riassunto di Roberto Piselli 1 febbraio 2002 "Adunque nelle parti della Campagna, in una certa Provincia v'ha un Castello, che dagli abitanti chiamasi de' SETTE FRATELLI, perhé ivi esiste una Chiesa consacrata sotto questo titolo. In questo luogo fu un figlio di un nobile Militare, per nome ALBERICO, il qual fanciullo (nel principio dell'anno decimo della sua età) sorpreso da languidezza, s'infermò gravemente; nel qual tempo per nove giorni, e per altrettante notti rimase immobile, e senza senso, come se fosse un morto. In questo giro di giorni ebbe un'ammirabile Visione". Termina cosi il prologo ed incomincia la Visione. Narra Alberico che venne preso per i capelli da una candida colomba e portato in cielo, dove San Pietro gli promise di fargli vedere i regni eterni. Accompagnato da due angeli Emanuele e Helos incomició il suo mistico viaggio. Narra Alberico che vide per primo una specie di limbo dove venivano purificati i bambini; "Pertanto in primo luogo vidi in certo sito che avvampava di bragie di fuoco, e da vapori d’incendio, in cui venivano purgate le anime dei bambini di un anno". L’inferno incomincia con una valle di ghiaccio in cui erano sommersi i peccatori; qui troviamo gli adulteri, incestuosi, stupratori ed altri; "il freddo ed il ghiaccio consumanavano le anime di quest’infelici come consumerebbonsi nel fuoco". Continua con un luogo di altissimi alberi in cui erano donne appese con i seni trafitti e con due serpenti che gli suchiano le mammelle; queste ci dice che patono questa pena per non aver nutrito i loro bambini. Continuando ancora trova patroni peccatori in globi di fuoco soffrendo questa pena per aver maltrattato i loro soggetti. Gli appare poi un lago pieno di sangue, ma non é sangue invece é fuoco ed é pieno di omicidi e odiatori. Continuando nel suo mistico sogno trova una grande scala ardente che é destinata a coloro che non osservarono i giorni di festa; questi nel salire e scendera la scala cadono in un gran vaso di olio e pece bollente. Piu inavanti vede un gran vaso di metalli liquefatti che a uno dei capi c’era la testa di un cavallo infuocato. In questo luogo ci dice sono puniti coloro che tollerano un sacerdote peccatore. Continuando ne trova un luogo tartareo che è "alla bocca del baratro infernale, che sembrava simile ad un pozzo". Questo è un inferno piu aspro e severo destinato ai peccatori piú gravi. Per primo pone i simoniaci e gli apostati in un pozzo ardente tra tenebre, fumo e puzza. Assegna poi ai mentitori un lago di zolfo con serpenti, scorpioni e demoni. Incontra poi "due maligni spiriti in figura di cane e di leone" che con il loro fiato infuocato producevano tutti i tormenti che sono fuor dell’inferno. Nella sua descrizione ci dice che "presso quest'inferno c’era un verme di smisurata grandezza, legato con una grandissima catena". Arriviamo poi al ponte del purgatorio dove Alberico lo descrive come "un ponte di ferro di estesa larghezza" e che in mezzo "si assotiglia talmente, che la di lui larghezza sembra ridursi a un semplice filo". Per questo i peccatori non ancor purgati sufficientemente non possono trapassare il ponte perche "sono agravati dal peso dei loro peccati". Dal mezzo del ponte questi precipitano in un grande fiume di pece ardente scaturito dall’inferno. Cosi nel continuo riattento di trapassare il ponte le anime ricadono nel fiume e "seguitano di essere ivi tormentate fintando che restino cotti a guisa di carne lesse"; dopo che sono cosi purgate gli si rende il libero passaggio. Continuando il racconto ci porta ad un vastissimo campo ricoperto di densi spini in cui vede un "drago smisuratissimo" cavalcato dal demonio. Su di questo drago il demonio perseguitava le anime tra i spini finché le purgava dal loro peccato e "si renda più veloce la sua fuga". Passiamo poi ad un campo fiorito del cuale Alberico ci narra "ivi ridonda un soavissimo odore di gigli e di rose…in mezzo a questo campo é situato il Paradiso". San Pietro poi gli spiega le fonti dei peccati, riducendoli a gola, cupiditá e superbia concludendo che "con questi tre peccati si uniscono tutti gli altri vizi". Alberico ci narra che il paradiso é composto di sette cieli; di cui ci dice che il primo é della stella Meridiana, il secondo della stella di Marte, il terzo della stella di Mercurio, il quarto si chiama Orleon, il quinto si chiama Junio, il sesto é Venustion ed il settimo si chiama Anapecon in cui é la stella di Saturno. Ci descrive il sesto e settimo cielo dicendoci che nel settimo cielo ci sono i Cherubini cantando intorno a Dio, e che nel sesto ci sono gli angeli, archangeli, patriarchi, profeti, apostoli, etc. In ultimo San Pietro "teneva nelle mani una carta di meravigliosa grandezza … scritta minutamente" e che poi la piegò e la ridusse piccola e "la introdusse nella mia bocca dicendo ‘non ti sia mai lecito di rigettarla in verun modo, ed il tuo sangue non arrivi mai a cancellarla’". Poco dopo il fanciullo ricoperò i suoi sensi ed abbandonò i suoi genitori e si rivolse al Monastero di Montecassino dove fu accolto e fu rivestito con il santo abito sotto la regola di San Benedetto. La mistica visone ultretomba ci riporta a l'anno 1111, quando Gerardo regnava abate del monastero ed il dotto Pietro Diacono conservava nel chronicon cassinese i fatti memorabili del'epoca. Esiste ancora in latino e ben conservato l'antico manoscritto in pergamena nel archivio del Monastero di Montecassino codice numero 257 da me visto nel mio soggiorno nel Settembre del 1996 accompagnato dal sindaco di Settefrati Domenico Vitti. Esiste la questione che la Visione di Alberico sia stata in qualche modo una delle fonti a servire Dante Alighieri nel suo divino poema. Questa fu per primo posta da Francesco Cancellieri nella sua traduzione e publicazione della Visione nel 1814. In alto un affresco antico raffigurando la Visione di Alberico visitato da me e Domenico Vitti nella chiesa di Santa Maria in Piano in Loreto Aprutino (PE), Abruzzo.
Roberto Piselli
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