Delia Socci Skidmore
C’era una volta…il
fiume
C’era una volta un vecchio fiume che scorreva lento e inarrestabile tra i
sassi e lungo il prato.
L’acqua scorreva e dove si infrangeva formava piccole onde spumeggianti. Il
suo mormorio, come una canzone accompagnava, il viandande e chi alle sue
sponde si dissetava.
Lungo le sponde e dopo il lungo cammino sedevano graziose pellegrine a
ripettinarsi le lunghe trecce scure al riflesso dell’acqua chiara.
I lunghi capelli pendevano sulle spalle lisci e lucenti, li pettinavano e
allisciavano aiutandosi l’una con l’altra. Poi prendevano un ciuffo di
capelli e lavorando espertamente con le dita riannodavano le trecce stupende.
Le ripiegavano oppure le passavano ai lati sul capo unendole sulla nuca
facevano corona al giovane viso. Tutte le ragazze quando facevano questa
opera si pavoneggiavano maliziose ondeggiavano i lunghi capelli ondulati .
Non guardavano mai direttamente a nessuno ma erano sicure e consapevole che
i ragazzi da lontano le ammiravano.
Finita l’opera si alzavano, davano un ultima occhiata, si riallacciavano il
vestito o costume, mettevano univano le mani a coppa, prendevano l’acqua e
la bevevano. Poi sorridendo tornavano a preparare per il pranzo.
Quante volte mi son seduta anche io con le mie amiche a pettinarmi e
specchiarmi nel Melfa. E quante volte ci siamo dissetate all’acqua gelida
del fiume. Il cielo immenso lo ricordo sempre azzurro come e` anche oggi.
Son passati gli anni, tanti infatti ma non abbiamo mai dimenticato il
Santuario, ne` il fiume che una volta scorreva mormorando la sua canzone
attraverso il prato.
Si sentono emozioni dolci e amare di una gioventu`passata che non
ritornera`mai come l’acqua del Melfa. Ai margini del prato e al riparo degli
scogli si preparavano i pasti. Il fuoco ardeva sotto i paioli bollenti. La
tovaglia sparsa al suolo imbandita come se fosse sul tavolo a casa. Gli
uomini gia' seduti attorno mangiavano gli assaggini di ciambelle e altri
dolci con l’immancabile bicchiere di vino. Il vassoio di maccheroni cosparso
di formaggio si deponeva in mezzo alla tavola d’erba verde. Si mangiava con
appetito e allegria. Tra una portata e l’altra e dopo qualche bicchiere di
vino in piu`i parenti ci raccontavano storie e sogni di gioventu’. Gli
anziani ricordavano, quando venivano a raccogliere la legna per il fuoco.
Puntavano verso il punto preciso dove avevano abbattuto alberi e quante
“taccarelle” avevano raccolte. Chi aveva l’asinello legava la soma di legna
sulla groppa dell’animale. chi non aveva l’asino la portava cautamente sul
capo risalendo gli antichi sentieri sotto l’ombra dei faggi. Altri `rievocavano
i giorni di caccia e come quel preciso giorno della settimana a quella
precisa data avevo sparato a non di meno di quattro lepri, starne e pernici
e anche un cervo. Io non avevo niente per contribuire alla conversazione,
ascoltavo soltanto pensando chissa se`era tutto vero quel che raccontavano.
A me interessavano poco le storie, avevo fretta di farli finire cosi potevo
allontanarmi a fare passeggiate insieme alle amiche.
Insieme andavamo ad esplorare il bosco, salendo sentieri e pendii
arrampicandoci su irti scogli agili e leggere come scoiattoli.
Ci piaceva anche attraversare il fiume da una sponda all’altra per la
passeggiata al prato. Attraversavamo il fiume due o tre insieme tenendoci
per mano. Andavamo bene fino che arrivavamo nel mezzo del fiume dove l’acqua
scorreva piu rapida. Invariabilmente una di noi scivolava e per non cadere
si aggrappava alla piu` vicina e finivano ambedue nell’acqua gelida.
Ora avevamo un problema, bagnate cosi non potevamo certo tornare all’altro
lato dove avevamo lasciato i parenti i quali ci avevano severamente ammoniti
di non attraversare il fiume. Ma siccome noi credevamo di saperla piu` dei
nostri genitori e nonni non certo stavamo a sentire le raccomandazioni che
erano sempre l’opposto di quel che volevamo fare.
L’eterna lotta di resistenza alla autorita`dei genitori e il nostro
desiderio dell’eta`adoloscente di stabilire la nostra indipendenza e
autonomia.
Per evitare un sicuro rimprovero passavamo prima in chiesa
a dire un Ave Maria e poi di nuovo a preparare lo spuntino pomeridiano.
Ci davamo da fare a riaccendere il fuoco, imbandire di nuovo come se non
avevamo fatto niente di male. Ma ogni tanto mi pareva che i genitori da
lontano ci guardavano un po` sospetti . Per evitare altri problemi ce ne
stavamo buone buone
a sparecchiare e pulire.
Verso il tardi quando radunata tutta la roba e ricaricato l’asinello
andavamo a dare un ultimo saluto a Maria per poi ripartire all’imbrunire.
Scende la sera , tutto intorno e` silenzio . Da dietro il monte sorge la
luna e nel cielo scuro le stelle lucenti si specchieranno nelle tue acque
vecchio fiume Melfa ti parleranno d’amore e di gioie ,speranze e sogni
svaniti. Tu ascolterai ma non dirai niente scorrerai placido verso il tuo
eterno cammino ma non dimenticherai mai una timida fanciulla che un giorno
si specchio`nella tua acqua.
Delia Socci Skidmore
13 Dicembre 2010 |