RITORNO A SETTEFRATI
1 IL VIAGGIO DI RITORNO
Quanto segue sono le mie impressioni i miei pensieri che desidero
condividere con tutti e con chi come me si prepara ogni anno per il
lungo viaggio, permanenza e ritorno in USA. Ci mettiamo in contatto
prima per fare i biglietti per venire insieme, ma non sempre si
puo`partire e rientrare alla stessa data.
Si avvicina un altro Agosto, per i settefratesi il mese piu bello
dell’anno. Ovunque siamo ovunque siamo approdati non abbiamo mai
dimenticato. Infatti e` diventato un rito, un happening annuale, “Il
ritorno”
Abiamo le valigie fatte, passaporto pronto e biglietto d’imbarco. A
Settefrati ci aspetta la Grande Festa.
Quest’anno ho anticipato e deciso di tornare il principio di luglio per
fortuna sono capitata con una simpaticissima coppia in aereo.
“Hai bisogno di riposo” mi avevano detto i miei figli in coro, di svago
e se sei a casa non lo farai mai”.
Mi
opposi ma non tanto, dissi che avrei sentito la loro mancanza e quella
dei nipoti. Mi assicurarono che sapevano cosa fare e avrebbero
sopravvissuti perfettamente anche senza me per un periodo di due mesi.
Belle parole ma io volevo sentirmi indispensabile.
Pero` l’idea di un po` d’aria pura e fresca dei nostri verdi monti mi
avrebbe ristorata. Essere sola a casa senza tv e senza dover rispettare
nessun orario, solo il mio, mi appagava l’animo.
La
partenza fu normale. Partimmo ad orario, l’aereo decollo` subito. Il
viaggio lungo e tedioso. Porto sempre un libro con me per leggere a
bordo e tra un sonnellino e l’altro cerco di sopportare il lungo andare.
Arrivo a Fiumicino dopo viaggio di otto ore, il ltragitto era sembrato
interminabile.
Quando scesi, l’aria di Roma era pesante e chiusa. La stanchezza si
faceva sentire.
Gli anni precedenti quando
arrivavo a mezzogiorno pareva di sentire le campane di Roma suonare a
distesa. Suonavano in coro da tante direzioni alternando fra loro la
sonora melodia . Sorridevo, quel suono mi rallegrava e mi rassicurava,
era come se tutta Roma mi stesse dando il benvenuto. Mi sentivo a
casa. Da qualche anno pero` le voci sonore ed amichevoli non si sentono
piu.
L’unico benvenuto ora sono gli addetti al controllo passaporti. Una
misera alternativa. Dopo il controllo documenti tutta la comitiva di
quel volo si avvia verso la sala ritiro bagagli . Sono arrivati parecchi
aerei ed e`tutto un incubo di confusione e disinformazione. Il
turn-stile, ritiro bagagli, non e’ mai quello che ci indicano gli
addetti o segnati ai tabelloni. Sembra che si divertano a vederci
correre da un ritiro bagagli all’altro.
Ci
muoviamo in gruppi cerchiamo di non perdere d’occhio i passeggieri che
hanno viaggiato con stesso aereo. Siamo tutti un po` tesi.
Finalmente qualcuno avvista i bagagli e ci segnala di seguirlo.
Io,
col mio speed, arrivo sempre l’ultima quando tutti sono gia asserrati
attorno al turnstile e i carrelli sono gia`stati tutti presi. Resto
calma in qualche modo me la cavero`.
Aspettiamo che escono i bagagli gli uni pigiati contro gli altri. Di
bagagli, valigie e borse, ce ne sono di tante qualita`e misure. Chi
piccole e carine chi enorme avvolte in carta cellophane e nastro adesivo.
Ma tutti i bagagli hanno un nastrino o segno attaccato dal proprietario
per riconoscerli tra tutti gli altri.
A quelle mie avevo messo
uno di seta verde e l’avevo legato a fiocco. L’avrei riconosciuta subito.
mi dissi. Non mi sarei sbagliata a ritirarla.
Mentre gli uomini si
accingono a prelevare le valigie le donne accudiscono ai bambini.
Piangono, sono irrequieti anche loro strapazzati dal lungo volo. Le
mamme stanche fanno fatica a consolarli. Poi c’e sempre la coppia di
anziani che viaggiano per la prima volta e si sentono perduti e confusi.
Si voltano qua`e la`agitati cercando tra la folla un viso amichevole che
possa aiutarli. Piu` che aiutarli, rassicurarli che tutto e`ok e che
sono nel posto giusto.
Io mi accosto a due uomini
anziani che stanno ragionando ad alta voce in italiano mentre
controllano il passaporto.
Li rassicuro che e` tutto a
posto. Si`questo e` l’aeroporto di Fiumicino I passaporti sono stati
gia` timbrati, devono solo ritirare le valigie e uscire nella sala di
aspetto dove sicuramente troveranno parenti ad aspettarli. Uno di loro
forse un po` imbarazzato accusa l’altro di non capire niente e che lui
glielo aveva detto che tutto andava bene e non serviva l’intervento di
una donna. Sorrido e penso come saranno spaventati trovarsi in questo
mish mash di gente, guardie di sicurezza, skycap rumore assordante e
mille altre persone addetti a gestire l’aeroporto di Fiumicino.
2 A SETTEFRATI
Ancora all’aeroporto, finalmente vedo la mia valigia col fiocco verde e
mi accosto per ritirarla. Non faccio in tempo passa piu` veloce di me.
Cerco di inseguirla allungandomi attraverso la fila di viaggiatori anche
loro intenti a non perdere d’occhio i loro bagagli. Nessuno si scansa
per facilitarmi. Sara` la stanchezza, la confusione, la fretta ma la
cortesia non e’ di casa all’aeroporto .
Fui
quasi l’ultima a ritirare la valigia. Per fortuna trovai un carrello,
l’avevano lasciato una giovane coppia che si tenevano per mano e si
guardavano negli occhi oblivi di tutto. Ah! l’amore.
La
valigia piu` grande e` abbastanza pesante cerco di tirarla su per
metterla nel carrello ma non ci riesco, riprovo un altra volta e ancora
non ci riesco. Mi giro attorno, avvisto due guardie in uniforme
appoggiati al muro che chiacchierano. Guardo direttamente a loro ma non
mi notano? o fanno finta di niente? Non so. Ma restano a guardare e
chiacchierare.
Finalmente arriva uno dei skycap, prende la valigia con una mano e la
deposita nel carrello come se fosse una borsetta. Non e` pesante mi
dice. No, per lui no. Pero`25 kilogrammi sono abbastanza pesanti per me
e poi ho anche la borsa e la valigia carry on. Finalmente esco nella
sala d’aspetto dove attendono tutti i parenti.
Appena
i miei mi vedono domandano: ma sei sempre l’ultima tu?. Lo sanno,
succede spesso, non sono proprio l’ultima ma una dei pochi rimasti.
Dopo i saluti e baci e abbracci ci avviamo verso la macchina. Partiamo.
Seduta comoda nella macchina solo ora sento tutta l’enorme stanchezza
del viaggio. Sono sveglia da ieri mattina alle sei ed ora e` il giorno
dopo quasi mezzogiorno. Sono stata sveglia per circa 24 ore. Vorrei
parlare, conversare, fare domande e loro a me ma appena imboccata
l’autostrada cado in un sonno profondo. I parenti mi svegliano quando
siamo in un ristorante. Ancora stordita non mi va nemmeno di mangiare.
Pizzico un po` di questo e un po` di quello che non ricordo nemmeno.
Pero` il caffe` lo bevo volentieri. Loro parlano ma io sento solo un
ronzio confuso. Finito il pranzo riprendiamo l’autostrada.
Ora
sono sveglia e mi godo il panorama di paesaggi bellissimi. lo
spettacolo che si ammira è unico e straordinario, fatto di
distese verdi, boschi, alpeggi, radure fiorite, borghi e paesi.
Percorriamo tratti di strade con salite e discese e arriviamo al bivio
.
Settefrati si vede da lontano un paesotto di strana forma appollaiato
ai lati della montagna. Stiamo per arrivare, la stradina che passa sotto
il paese riesce all’imboccatura della piazza e la` in fondo c’e`la
casetta mia. mi guardo un po` attorno, la piazza, la chiesa il fontanone.
Si tutto li tutto bello e accogliente. La piazza e` quasi deserta e`
l’ora del riposo, della siesta pomeridiana.
L’autista
rientra le valigie e me le sistema al piano di sopra. Piu’ stanca di
prima crollo esausta sul lettino candido, Quando mi sveglio non riesco
ad orientarmi. Mi ci volle un momentino per ricordare che ero a casa
nella cameretta mia.
Ora
sono ben sveglia, riposata e affamata. Scendo giu`,`nel frigorifero c’e
un po`di tutto grazie all’amica Lina che si e` interessata di farmi le provviste.
Piu’ tardi passa a salutarmi e mi dice che era venuta prima a bussare
per svegliarmi ma io non sentivo niente. Gia` ”duormevo a suonne
chine”.
Mi
affaccio all’uscio
Il
cielo di Settefrati e` ombreggiato da un denso banco di nuvole nere che
oscura la piazza dal sole. La nuvola sembra fermarsi sospesa sul paese.
Da lontano sopra i monti arriva il rombo di tuoni che non lasciano prevedere
niente bi buono. Comincia a piovere, goccioloni enormi che picchiano
sui vetri e lampeggia. Sento un brivido di freddo mentre guardo la
pioggia cadere. La tempesta dura poco, e lentamente passa, e il cielo
ritorna azzurro e limpido, solcato da leggere nuvole bianche. Tiro un
sospiro di sollievo.
Mentre ancora contemplo il da fare, arriva, sempre frettoloso, il
giovane arciprete Don Antonio. E` giovane, svelto e in controllo di tutte
le parrocchie vicino come anche rettore del Santuario di Canneto.
Manca qualche minuto all’orario della messa vespertina che deve
celebrare e si avvia a grandi passi verso la chiesa. Poi rallenta quando
mi vede e mi saluta. Vieni? Mi dice. Stasera no, rispondo.
Quella stessa sera la piazza si affolla di gente. Ci sono di tutte eta`
dai piu` piccini ai piu` anziani venuti a socializzare in piazza.
Arrivano nonni con i nipotini. I piu` grandicelli si inseguono, giocano
col pallone, e con la bicicletta. I piu' piccoli stanno buoni e quieti
nei passeggini con i loro genitori. Non si puo` non pensare al
contrasto dei baby in America e questi baby. In America e` rarissimo
vedere una creatura fuori casa a tarda ora. Quando escono i genitori i
bambini sono a nanna con la baby sitter. Noi anziani invece siamo
radunati davanti al bar, il nostro spot preferito, per fare due
chiacchiere con gli amici. L’aria e` fresca si sta bene, restiamo fuori
fino ad notte inoltrata.
Delia Socci
24 ottobre 2010
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