Sviluppo tecnologico e disoccupazione

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Nella babele delle informazioni che ci sommergono ogni giorno non e’ facile continuare a vedere quanto avviene nel mondo con la necessaria chiarezza o con un minimo di capacita’  di cogliere il vero, occorrerebbe tanta subclutter visibility (in elettronica e' la capacita' di discriminare il segnale vero fra innumerevoli segnali falsi). Una delle principali cause della   difficolta’ che incontriamo nel tentativo di leggere correttamente quanto avviene intorno a noi   e’ la mancanza della necessaria cultura tecnico-scientifica di molti, moltissimi addetti all’informazione, ed, ahime’, di molti politici. Si possono pertanto prendere molti abbagli e si puo’ mancare una chiara visione delle cose, presupposto indispensabile per ogni analisi delle situazioni, nel  loro evolvere e nel loro controllo. Macroconseguenza: molti processi sono sostanzialmente ingovernati. Piu' chiaramente delle mie perifrasi contorte, ed a dispetto delle apparenze, non credo che molti abbiamo capito cosa sta veramente succedendo, nel terreno socioeconomico, in Italia e nel mondo. Ancora, osta alla comprensione dei fenomeni che si dispiegano nella societa’, una facile mitizzazione delle scienze e delle tecnologie, per cui ci si ferma su un tranquillizzante: le macchine sarebbero in se’ buone, e’ l’uomo che spesso le utilizza male o malissimo.

Svegliamoci tutti. C’e’  un problema che  sta assumendo contorni paurosi in tutto il mondo, anche se in misura diversa da caso a caso: la disoccupazione, soprattutto la disoccupazione giovanile. Non e’ figlia del caso, nulla lo e’, il caso e’ solo il nome che diamo alle cause che non vediamo. E’ figlia di….

Vediamo di orientarci, tentando di tratteggiare il contesto storico dell'economia dei sistemi produttivi fino all'attuale momento. Partiamo dall'agricoltura:  prima della meccanizzazione, prima del trattore,  un numero enorme di persone trovava lavoro nei campi, gli addetti superavano l’80% della popolazione attiva, ora in USA sono il 2.8 % , e c'e' sovrapproduzione. Un tempo su 100 persone che lavoravano 80 erano contadini, e mantenevano tutta la popolazione.  Oggi bastano meno di 3 sempre su  100 che lavorano (o su 200 che mangiano, essendo la popolazione attiva circa la meta' della popolazione totale). Da 80 a 3 : e gli altri 77 lavoratori che fine hanno fatto? Industria prima e poi sempre piu’ servizi. La traiettoria, semplificando e' stata: campo, officina, ufficio. Si dira’: meno male…

Non mi pare che sia cosi, purtroppo non e’ cosi’. Attivita’ non agricole : all’inizio del secolo precedente nascono molte officine meccaniche, o aziende tessili o manifatturiere in genere;  l’energia meccanica, che era poca, quasi tutta di origine idroelettrica, veniva distribuita meccanicamente nelle officine da alberi mossi da motori che avevano pulegge calettate, una per ogni macchina, ciascuna delle quali era collegata ad un albero di distribuzione da cinghie di cuoio, e tutto cio’ perche’ i motori erano troppo costosi, le macchine elettriche non erano ben sviluppate e la domanda di beni industriali era un nonnulla rispetto ad oggi (ricordava il Dott. Armando Mancini, di Atina, che dalla centrale idroelettrica di Castellone, che produceva in corrente continua a bassa tensione, per limitare le perdite lungo il percorso che andava dalla sala delle dinamo della centrale alla cartiera Visocchi di Ponte Melfa c'erano dei cavi cosi’ pesanti che i pali di sostegno erano posti a  5 metri l'uno dall'altro! Gli utensili da taglio erano cosi deboli (acciaio al carbonio che si ricuoceva subito) che dietro ogni tornio c’era una mola per affilarli, perche’ l’affilatura  andava fatta in continuazione. Oggi ci sono linee di trasporto a milioni di Volts, con perdite infinitesime, ci sono dei “sinterizzati” ceramici  durissimi,  come e piu’ del diamante, e resistentissimi  all’usura,  talche’ tagliano gli acciai piu’ duri e perforano ogni tipo di roccia come fosse di legno: grande vantaggio per la produttivita' delle industrie con abbattimento dei costi e con il solito abbattimento della  manodopera occorrente; se n’e’ avvantaggiata moltissimo l’agricoltura di molte zone, trovare l’acqua non e’ stato un problema, i costi sono diventati sostenibili, i raccolti piu’ numerosi ed abbondanti, .....a parita' di prodotto gli agricoltori sono divenuti di meno. Tutti ai servizi? Per decenni sembrava che cosi’ fosse, tutti ai servizi. Ma anche li’ la macchina, stavolta intesa in senso piu’ lato, il computer,  hardware e software, corpo ed anima, sempre piu’ potente , ergo: meno impiegati. Meno impiegati alle poste (pensate alle e-mail!! sono anni che non scrivo piu' una lettera "cartacea"), meno alle banche, meno nei settori amministrativi delle aziende di ogni genere, meno addetti ai negozi (presente Amazon? Che bello, ma quante commesse in meno, quanti negozi chiusi), perfino i giornali sono in grandi difficolta'... . Si delinea una sorta di legge inesorabile: nel tempo le macchine di ogni genere divengono sempre piu’ potenti e fanno  quantita’ lavoro ieri impensabili, per cui a parita' di prodotto complessivo ogni sistema produttivo richiede sempre meno lavoratori. E degli altri che i sistemi economici e produttivi non sono in grado di assorbire, cosa ne facciamo? Cosa facciamo degli esuberi che le macchine producono in abbondanza, come affrontare la disoccupazione, orribile sottoprodotto del progresso delle macchine?

Alcuni punti fermi:

-Il progresso tecnologico e’ inarrestabile;

-Il problema della produzione di beni e’ risolto ad abundantiam perche’ le capacita’ produttive sono enormi e crescenti;

-Il problema della distribuzione della ricchezza che il mondo produce e’ un problema emergente, gravissimo, esplosivo; potrebbe portare a rivoluzioni interne agli stati ed a guerre fra gli stati.

-Ma come cavolo si fa a dire ad un giovane che per lui non c’e’ possibilita’ di impiego, nonostante la preparazione universitaria posseduta? Non scherziamo, e’ un problema drammaticissimo!!!!!!!!

- Ma c’e’ una qualche ipotesi di soluzione del problema posto, che cioe’ le macchine che nel tempo sono diventate sempre piu’ potenti hanno tolto  lavoro, hanno creato un vero esercito di disoccupati?

-Dato per certo che si tratta di un problema di distribuzione della ricchezza e non della sua produzione, invece di permettere accumuli di ricchezze indecorose, violente, ingiuste, forse con lo strumento del prelievo fiscale bisognerebbe sostenere i disoccupati, e farlo a tempo indeterminato, perche` i beni da distribuire ci sono ed abbondanti. Ipotesi da considerare “un attimino” . Ne ho sentito parlare recentemente da un politico di cui non voglio fare il nome, in Italia. Posso fare una battutaccia? Tutti coloro che hanno un lavoro fittizio, schiere di impiegati che non sono certo un esempio di produttivita’, non sono gia’ forse una applicazione di quello che stiamo ventilando e cioe’ che: l’elevatissima produttivita’ specifica delle macchine sempre piu’ potenti guidate da un sempre minor numero di persone fa intravedere la possibilita’ che a tutti possa essere garantito un livello di vita sufficientemente accettabile e senza sprechi: i beni ci sono, bastano ed avanzano. E’ chiaro che non si devono premiare  i fannulloni o  deprimere i sistemi produttivi, stando molto attenti: a non mortificare chi il lavoro non lo ha dandogli troppo poco, ed a non mortificare chi il lavoro lo ha, non riconoscendo adeguatamente il suo apporto al funzionamento del tutto. Sono convinto che quanto si ipotizza si rivelera’ una necessita’,   sempre piu’ cogente.

Il succo di tutto il discorso: le macchine stanno diventando sempre piu’ potenti ed agricoltura, industria e servizi vedono accrescere enormemente la loro produttivita’ ed espellono schiere innumerevoli di persone dai sistemi produttivi. Una estrapolazione: la piu' potente delle macchine pensabili farebbe un lavoro immenso senza persone: molto piu' prodotto di ieri, molto meno lavoro umano di ieri, molti piu' disoccupati di ieri.....

Ma a voi pare giusto che   i vantaggi del progresso finiscano  tutti sostanzialmente solo in mani adunche, in mani avide, insaziabili: e' giusto escludere il povero dai frutti dello studio e della ricerca, della storia?  Come avvenne per l’esercito (e’ anch’esso un sistema produttivo) che si accorse fosse giunta l’ora per puntare su meno uomini e piu’ professionali (anche li macchine sempre piu' potenti!!!) , cosi’ dovra’ succedere per tutti i sisemi economici: dare a tutti cio’ di cui tutti necessitano non richiede il lavoro di tutti, non piu’ e da parecchio tempo, ed in modo sempre piu’ grave. La politica, quella buona, deve porre limiti all’economia, alla cattiva economia. Ricordiamoci dei poveri , ricordiamoci degli esclusi, in tutte le sedi: un giorno ne risponderemo.

Antonio Vitti - 4 febbraio 2013