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Il Purgatorio
Nella
teologia cattolica il Purgatorio (da purgare = purificare) è il
luogo o lo stalo di pena ove le anime dei giusti, non completamente
purificate) completano l'espiazione delle loro colpe, prima di
salire in Paradiso.
Generalmente l'oltretomba era diviso in due parti e solo nell'XI
secolo prende forma una terza parte, che poi diverrà il Purgatorio.
La dottrina del Purgatorio ha origini lontane e
ha le sue fondamenta nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Nell'Antico
Testamento Giuda Maccabeo manda a Gerusalemme 2000 dracme d'argento,
perché si offra un sacrificio per i soldati morti in battaglia,
resisi colpevoli di idolatria, indossando sotto le vesti idoli di
Jamnia. Nel Nuovo Testamento, Matteo (12, 31-32), riferendosi al
peccato contro lo Spitito Santo, afferma che chi "pronuncia una
bestemmia contro lo Spirilo Santo, non gli sarà perdonata né in
questo secolo né in quello futuro". Da ciò si deduce, come afferma
S. Gregorio Magno nei suoi Dialoghi (11, 39), che alcune colpe
possono essere rimesse in vita e altre, dopo morte. La Chiesa perciò
ha sempre offerto suffragi per i defunti. Già prima deWEditto di
tolleranza promulgato a Milano nel 313 d.C. da Costantino e
Licinio, con cui si concedeva ai cristiani la libertà di culto, si
innalzavano preghiere in suffragio dei defunti.
All'inizio del IH secolo, infatti, il cartaginese Tertulliano
(160-230?), apologeta e coltissimo scrittore cristiano, affermava
che con le preghiere si poteva recare refrigerio ai defunti che
devono ancora espiare i peccati non gravi commessi dopo il
battesimo, dando loro la possibilità di raggiungere, nel giorno del Giudizio, i martiri
saliti direttamente in Paradiso (De anima, 55; 58). Dello stesso
parere è Cipriano, anch'egli di Cartagine. Crealo vescovo della
stessa città nel 248, subì il martirio nel 258, nella persecuzione
di Valeriano. Egli sostiene che nel penitente, anche dopo la
confessione, rimane un resto di pena, se prima dell'assoluzione non
c'è stato un adeguato pentimento.Tale reato, sarà espiato
nell'aldilà (.Epistola, 52).
Tale tesi non è condivisa dal genio
meraviglioso e dal lavoratore instancabile Origene, nativo di
Alessandria (185-253), e dai suoi seguaci. Fecondissimo scrittore,
oltre a restaurare il testo dei Settanta e a commentare quasi tutta
la Bibbia, affrontò i massimi problemi della teologia cristiana: la
Trinità di Dio, l'Incarnazione e il problema del male nel mondo.
Secondo la sua dottrina dell'ipocatastasi, vi sarà una catarsi
finale, in cui Dio, nel suo infinito amore, salverà l'intera
umanità (Epistola,
456/457, 468).
Agostino
(354-430) fa una distinzione tra "fuoco correttorio", che purifica
le
che una 'Visione d'oltretomba' di un certo
Alberico di Settefrati". (E. Marighetlo, Santa Maria in Piano.
Visione dell'Oltretomba. Poligrafica Mancini, 2001).
Nell'affresco il Purgatorio è simbolicamente rappresentato dal
"Ponte del Capello", posto sopra il fiume di pece bollente che esce
dall'Inferno. Il ponte è attraversato con facilità dai giusti.
Quelli con peccati non gravi, arrivati nel mezzo, sottile come un
capello, perdono l'equilìbrio e cadono nel fiume. Tornati a galla
ritentano la prova, fino a quando, purificati, hanno libero
passaggio sul ponte.
Momentaneamente però devono aspettare nel "Circuito del Paradiso",
un immenso campo di delizie dove, passando per diversi gradoni,
continuano a purificarsi e dove dovranno attendere il Giudizio
Universale per entrare in Paradiso.
IL
PURGATORIO O POZZO DI SAN PATRIZIO
È una caverna in un'isola del Lough Derg (luogo
della caverna) nell'Uster (Irlanda). Secondo la leggenda, fu
indicata in una visione a S. Patrizio, il quale non sapeva come
dissipare l'incredulità di alcuni suoi catecumeni sulla realtà delle
pene del Purgatorio. Il santo, inollrandovisi, potè visitare
l'aldilà, con cui la caverna era in comunicazione. La sua esperienza
è oggetto del Purgatorio di S. Patrizio, che in realta è opera del
monaco inglese Enrico di Saltrey e risale alla fine del XII secolo.
La
grotta, divenuta meta di pellegrini, fu murata nel 1497 per ordine
del papa Alessandro VI.
Sul
luogo sorge oggi una chiesa con lo stesso nome.
Nella sua fede sul Purgatorio la Chiesa si basa
sull'insegnamento dei Padri, soprattutto di Sant'Agostino, e sui
decreti dei Concili e in particolare del II Concilio di Lione
(1274), del Concilio di Firenze ( 1439) e del Concilio di Trento (
1563). che ne riconferma l'esistenza, contro la negazione
protestante.
La
Chiesa cattolica tuttavia non precisa nulla sulla durata e sulla
materia della
pena
del Purgatorio. Insiste invece sulla possibilità che hanno i vivi di
aiutare le anime purganti con preghiere.
Altrettanta possibilità hanno le anime del Purgatorio di pregare per
i vivi.
Le
chiese ortodosse non sono concordi sull'esistenza del Purgatorio e i
protestanti generalmente la rifiutano.
IL
PURGATORIO DI DANTE
Dante
crede nella tripartizione dell'oltretomba e descrive il Purgatorio
come una montagna che si erge su un'isola dell'oceano australe,
agli antipodi di Gerusalemme, a circa 32° di latitudine sud e a 90°
ad ovest di Gades. Come il baratro infernale, essa ebbe origine dopo
la caduta di Lucifero: una imponente colonna di terra, la cui
lunghezza è pari al raggio terrestre, per sfuggire al contatto
dell'angelo ribelle, si ritrasse e cadde a spirale su se stessa.
Il
poeta vi giunse con Virgilio poco prima dell'alba del 10 aprile
1300, domenica di Pasqua.
L'alba
vinceva l'ora mattutina che /uggia innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar de la marina.
(Purg.
I, 115-117)
Vi
rimase tre giorni e mezzo, cioè fino a mezzogiorno di mercoledì di
Pasqua, 13 aprile, allorché con Beatrice vola in Paradiso.
Fatto
avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco
quello emisfero, e l'altra parte nera,
quando
Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta a riguardar nel sole:
aguglia sì non li s'affisse unquanco.
(Purg.
I, 43-48)
Dopo la
discesa nell'Inferno, regno delle tenebre, inizia l'ascesa al
mistico monte della purificazione, in un clima di dolce serenità e
in un'atmosfera luminosa, chiara e trasparente, preannunziata dal
"dolce color d'orientai zaffiro".
Paolo
Dolce
color d'orientai zaffiro, che s'accoglieva nel sereno aspetto nel
mezzo, puro infino al primo giro,
a li
occhi miei ricominciò diletto, tosto ch'io usci' fuor de l'aura
morta che m'avea contristati li occhi e
7petto.
(Purg. I, 13-18)
Un'aria
di dolcezza malinconica, di soavità, di attesa e di soffusa e
accorata nostalgia si respira in tulio il nuovo regno.
Era già
l'ora che volge il disio ai navicanti e intenerisce il core
(Purg.
Vili, 1-2)
Le anime
che vi si incontrano, rasserenate e ansiose di purità e di pace,
sono avvolte da un'atmosfera di sogno. 1 loro gesti sono temperati e
trasognate le loro parole. Esse piangono pietosamente:
e io
attento a l'ombre, ch'i'sentia pietosamente piangere e lagnarsi;
(Purg.
XX, 17-18)
Innalzano al cielo lodi con devozione:
però
sentisti il tremoto e li pii spiriti per lo monte render lode a quel
Segnor, che tosto su li 'nvii
(Purg.
XXI, 70-72)
Cantano
e piangono insieme, sì che chi li ascolta non può che provare
"doglia e diletto".
Ed ecco
piangere e cantar s'udìe «Labìa mèa, Domine» per modo tal, che
diletto e doglia parturìe.
(Purg.
XXIII, 10-12)
Soffrono
con rassegnazione perché le loro pene sono dalla giustizia e dalla
speranza della futura beatitudine rese meno dure.
O eletti
di Dio, li cui soffri ri e giustizia e speranza fa men duri,
(Purg.
XIX, 76-77)
Le loro
pene, anzi, sono care perché pervase di dolcezza.
a ber lo
dolce assenzo d'i martìri
(Purg.
XXIII, 86)
Raccolte
da un Angelo in una barca, là "dove l'acqua di Tevero s'insala", le
anime dei trapassati, destinati al Purgatorio, vengono condotte
sulla riva dal sacro monte, ove le riceve Catone, custode della
montagna.
Come
l'Inferno, anche il Purgatorio è diviso in 9 parli:
l'Antipurgatorio, i 7 gironi o balzi o cornici, che costituiscono
il Purgatorio vero e proprio, e il Paradiso terrestre.
Nell'Antipurgatorio, "la costa ove s'aspetta", sono in attesa del
momento di iniziare la loro purificazione i negligenti, divisi in
4 schiere: i negligenli scomunicati, morti interiormente pentiti
(Manfredi); i negligenti pentiti in punto di morte (Be-lacqua); i
negligenti morti violentemente (Buonconte da Montefeltro, Pia dei
Tolo-mei); i negligenti principi, che tardarono a pentirsi perché
troppo attaccati alla gloria mondana e attendono a parte in una
Valletta Fiorita (Nino Visconti, Corrado Malaspina).
Il
Purgatorio vero e proprio è diviso in 7 gironi, ove sono puniti i 7
vizi capitali, la cui disposizione è inversa a quella dell'Inferno;
andando dal più al meno grave: Superbia, Invidia, Ira, Accidia,
Avarizia, Gola, Lussuria.
L'ordinamento morale del Purgatorio, derivato soprattutto dalla
Summa di San
Tommaso, è descritto nel canto XVII e viene esposto da Virgilio.
L'amore
può essere negli uomini "semente... d'ogni virtude, o d'ogni
operazione che merta pena".
Esso
pecca "per malo abietto" allorché cerca il proprio bene nel male
degli altri, come appunto fanno i superbi, gli invidiosi e gli
iracondi; quando inline "con più cura... che non dee" aspira ai beni
terreni e materiali, come fanno gli avari e i prodighi, i golosi e
i lussuriosi, l'amore pecca "per troppo... di vigore".
Il
Paradiso terrestre, posto sulla cima del monte, gode di una perpetua
primavera e simboleggia la vita terrena che l'uomo potrebbe
condurre, se la Monarchia e la Chiesa operassero ognuna nel proprio
campo, secondo il volere di Dio.
In ogni
girone le anime, oltre alla pena alla quale sono condannate, devono
meditare sugli esempi del vizio punito e su quelli della virtù
opposta premiata.
I
superbi, per esempio, oltre a portare sulle spalle un gran masso e a
recitare il "Pater noster", devono meditare sugli esempi di superbia
punita e su quelli di umiltà premiata.
Nel
primo girone dei superbi, i penitenti avanzano curvi sotto gravi
massi e somigliano alle cariatidi che vengono raffigurate
nell'atto di reggere qualcosa, in posizione di sforzo. I peccatori
sono più o meno piegati a seconda del peso che portano e questo è
in relazione alla gravità del peccato; alcuni sembrano all'estremo
della sopportazione. Sul pavimento del girone sono istoriati,
intagliati sulla pietra, 13 esempi di superbia punita: 6 da un lato
e 6 dall'altro della via; più una che sembra riassumere e concludere
la serie. Sul marmo bianco dello zoccolo invece, in bellissimi
altorilievi, sono raffigurati 3 esempi di umiltà premiata.
Nel
secondo girone degli invidiosi non ci sono né figure né intagli.
Tutto il girone è di pietra grigia e uniforme e non vi si vede
un'anima. Ma dopo che Dante e Virgilio hanno fatto circa un miglio,
odono misteriose voci che passano per l'aria e gridano 3 esempi di
carità. Avanzando ancora, vedono anime sedute in terra, l'una
appoggiata alla spalla dell'altra, ricoperte di un cilicio e intese
a recitare le litanie dei Santi. Hanno le palpebre cucite da un filo
di ferro. Dante e Virgilio, oltrepassato il gruppo degli invidiosi,
odono improvvise voci che gridano 2 esempi di invidia punita.
Dante, appena giunge con Virgilio al terzo
girone è rapito in una visione estatica, a cui succedono una
seconda e una ter/a, nelle quali appaiono 3 esempi di mansuetudine.
I due procedono, ma a poco a poco una colonna di fumo, scuro come
la notte, avanzando verso i due poeti, li ricopre. Mentre Dante va
per quel fumo amaro e sozzo, appoggiandosi con le mani sulla spalla
di Virgilio, ode voci di anime che camminano nel fumo denso e
soffocante, cantando VAgnus Dei e apprende dal Maestro che sono le
anime degli iracondi che espiano il loro peccato. Il fumo si dirada,
riappare la luce e Dante rivede il sole ormai vicino al tramonto. In
stato di estasi, ha di nuovo delle visioni, con 3 esempi di ira
punita.
Il
poeta sale con Virgilio al quarto girone dove si purgano gli
accidiosi, che corrono velocemente e si esortano a vicenda a non
perdere tempo, per ripagare l'accidioso comportamento che tennero
in vita. Alla testa di costoro, due spiriti gridano 2 esempi di
sollecitudine. Gli altri spiriti rispondono esortandosi
vicendevolnente allo zelo e alla sollecitudine, mentre i 2 esempi
gridati rinnovano continuamente il desiderio di purificazione.
Quando tutta la schiera è passata, Virgilio indica a Dante due
spiriti che corrono raggiungendo gli altri, e gridando 2 esempi di
accidia punita. Si noti il parallelismo: 2 esempi sono gridati da
due spiriti che precedono; 2 gridati da due che seguono. In entrambi
i casi,
il primo esempio è tratto dalla Sacra Scrittura; il secondo dai
classici.
Nel
quinto girone Dante vede le anime degli avari e prodighi che, legati
mani e piedi, bocconi a terra, sospirando recitano il versetto del
salmo CXVIII: "Adhaesit pavimento anima mea". È il contrappasso
della pena degli avari. Come l'avarizia li spinse a guardare solo ai
beni terreni, così ora essi stanno bocconi guardando il suolo; come
il loro peccato li tenne legati ai quei beni vani, così ora stanno
legati mani e piedi finché piacerà a Dio.
Mentre
Dante con Virgilio cammina lungo il girone, sente una delle anime
ricordare 2 esempi di povertà. Il poeta si avvicina all'anima che
sembra aver parlato, ma ecco che questa ricorda un terzo esempio di
liberalità. Gli esempi di povertà e liberalità vengono detti da
tutte le anime durante il giorno; durante la notte vengono detti 7
esempi di avarizia punita. Gli esempi, come si è accennato, vengono
detti da tutte le anime, ma a voce più bassa o più alla a seconda
dell'intensità del sentimento che li stimola. Se Dante ha sentilo
solo una voce è perché in quel momento le altre anime ripetevano
gli esempi a se stesse, a voce bassa.
Nel quinto girone Dante e Virgilio, mentre
camminano, sono raggiunti da Stazio, poeta latino autore della
Tebaide, ormai mondo dai suoi peccati di prodigalità e di accidia e
avviato a salire al Paradiso. 1 Ire, Virgilio e Stazio davanti e
Dante dietro, camminano nel sesto girone dei golosi, quando appare
improvvisamente uno strano albero dai cui rami pendono frutti dal
profumo soave, ma che, al contrario degli alberi della terra, che
verso il piede hanno i rami più lunghi e poi, di mano in mano che si
va in su, sempre più corti, sì da formare un cono con la sua base e
il suo vertice; quell'albero ha i rami più lunghi alla cima e i più
corti al piede. Dai rami dello strano albero esce una voce che
ricorda 5 esempi di temperanza. I ire poeti, proseguendo il cammino,
giungono presso un altro albero, sotto il quale una moltitudine di
spiriti tende invano le mani ai profumati frutti che ne pendono;
delusi però se ne allontanano. Una voce esce
dalle
fronde, ammonendo di non avvicinarsi, perché quell'albero trae
origine da quello del Paradiso terrestre, il cui frutto fu gustato
da Eva. La voce continua, ricordando 2 esempi di golosità punita.
Nel
settimo girone si purgano i lussuriosi, avvolti dalle fiamme e arsi
da esse, come furono arsi in terra dalla passione. Mentre i poeti
camminano in uno stretto sentiero, sull'orlo esterno del girone, in
mezzo alle fiamme viene una schiera di lussuriosi cantando l'inno
"Summae Deus clementiae", alternalo con il grido di 3 esempi di
castità. Ad un certo punto sopraggiunge una seconda schiera di
lussuriosi, arrivata da destra a sinistra, in direzione opposta a
quella dei poeti e composta di peccatori contro natura. Le due
schiere, incontrandosi, si abbracciano e baciano scambievolmente.
Allontanatesi, dopo essersi baciate, le anime dei peccatori contro
natura gridano 2 esempi di lussuria punita.
I
suddetti esempi saranno illustrati da 8 artisti italiani: Laura
Barbarini, Massimo Campi, Loris Cordenos, Barbara Fragogna, Gabrie
Pittarello, Paolo Pro-faizer, Ruggero Savinio e Vincenzo
Sco-lamiero.
Le illustrazioni saranno esposte nella mostra
del prossimo autunno, nelle sale del Castello di Torre de' Passeri,
sede della Fondazione Casa di Dante in Abruzzo. Si tratterà di un
grande evento culturale, perché per la prima volta, in
tutta la Storia dell'Arte
dell'Occidente, viene allestita una mostra con gli esempi dei vizi
capitali puniti e di quelli delle virtù opposte premiate, descritti
da Dante nel Purgatorio. Come con le mostre degli ultimi anni,
dedicate rispettivamente alle opere minori di Dante: La Vita nuova,
Le Rime extravaganti, La Monarchia; come con la mostra Dante e
Ovidio del 2006, dedicata alle fonti ovidiane nella Divina Commedia
anche con la mostra Dante e il Purgatorio dell'anno di grazia 2007,
la Casa di Dante in Abruzzo può vantare un altro primato: quello di
essere stata "la prima a cogliere per sua gloria la palma di tanto
cimento".
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