In memoriam

 

In morte di Raffaele Carella

 

 Raffaele Carella, zio Raffaele per me che scrivo (fratello di mia madre) e` passato a miglior vita dopo una lunga infermita’ : 4 anni in un centro di riabilitazione, inchiodato ad un letto, senza scendere mai, senza mangiare, senza bere (solo qualche piccolo sorso d’acqua) e senza parlare (muoveva le labbra ma non emetteva suoni perche' era “intubato”).  Quattro anni  orsono fu operato di “angioplastica” per la seconda volta dopo alcuni anni dal primo intervento seguito da non so’ quanti interventi di “palloncini” o “snake” ; subito dopo l’intervento purtroppo venne fuori che qualcosa di grave era successo e che, mentre il cuore pulsava perfettamente i polmoni non funzionavano bene,  tant’e` che ebbe bisogno di un respiratore che gli dava aria tramite un tubo inserito in gola , sotto il pomo di Adamo. Il tubo non consentiva come gia` detto ne` di parlare, ne` di bere , ne’ di mangiare,  ed, altro grave problema si rivelo’ essere quello di una estrema debolezza. Quattro anni!!! Quattro anni lontano da Stamford (75 miglia, 120 km) e da New York (100 miglia, 160 km).  Durante questi lunghissimi anni sono andato a trovarlo spesso, non dico tutte le settimane ma quasi, accompagnato spesso dalla mia signora. Mio zio provava un gran piacere nel vedermi, avevamo lo stesso modo di pensare che poi e` quello di tutti i settefratesi, ed io gli raccontavo per sollevarlo un po’ quegli aneddoti che, pur se sentiti centinaia di volte, accendono sempre dei sorrisi… qualche sorso di piccolissime gioie settefratesi. Anche lo stato disastroso dell’economia sia Italiana che USA  era argomento ricorrente, e le elezioni  di Obama o di Berlusconi ….. Piccole cose…

Ma devo aggiungere che la forte esperienza della infermita` di mio zio mi ha indotto spesso a riflettere sul mistero del dolore e mi ha avvicinato un po’ di piu’  all’Uomo dei Dolori  che ha detto  ”Venite Benedetti dal Padre mio… ero malato e siete venuti a visitarmi….”   ed ha detto ancora “Via da me maledetti… ero malato e non siete venuti a trovarmi…”  … ed “ero affamato, ero assetato, ero carcerato…”, e potremmo certamente intendere: "Ero sofferente, di ogni genere di sofferenza e mi avete dato un po’ di conforto…"... Riflettere sul nostro appartenere al Corpo Mistico e frequentare  il terribile Ospedale di riabilitazione di New Britain CT, e`  stato per me come un graduale, lento comprendere che veramente Gesu’ Cristo  e` nel povero e nel nostro caso nel malato terminale (di un termine che sembrava non dovesse mai venire per guarigione o per liberazione..). Passeggiando un po’ in profondita’, dove solitamente si sta in silenzio con se stessi e con il Risorto, viene da pensare che i luoghi della sofferenza grande sono sacri come i Templi e puri come il  cielo,  e che sono frequentati da uomini gia' misticamente risorti [Efesini 2,6], che un uomo che soffre e` lo stesso Gesu’ che continua ad immolarsi  ovunque vi sia dolore; aggiungerei ancora che il dolore mi e` parso essere la vera e sola certificazione della presenza e dell’amore di Dio: “Ave Crux, spes unica”. Ripensando a questa mia esperienza spirituale ed osando fare ipotesi che propongo ai miei amici anche se potrebbero essere ai limiti dell’errore dottrinale (del quale non ho paura perche` non sto spiegando se non i moti "tremolanti" della mia anima e posso incorrere in inesattezze perche` non sono un maestro nel campo dello spirito… la mia essendo  solo mediocrissima letteratura..) vi direi, amici, che stare vicini al dolore grande ....sull'esempio dello “Stabat …” ecco il modo vero di stare al mondo: vicino ai sofferenti : e` proprio li’ che e` possibile avvertire la presenza di Dio… e` li che diventiamo capaci di perdono, e’ li’ che Cristo ci attende e ci fa suoi e si fa nostro: il Maestro e` a fianco di ogni sofferente, Egli , l'Altissimo, e` ogni sofferente, e nel sofferente lo troviamo con assoluta certezza. Addio zio Raffaele.

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16 giugno 2009