PRIME ESPERIENZE IN AMERICA
LA DOMENICA
Alla domenica ci era permesso dormire un po' tardi. Liberi dagli impegni giornalieri facevamo colazione con comodo. La colazione della domenica era particolare. Ci si stava abituando alla colazione di uova e pancetta, succo di frutta dolci, caffe' o te' e per mio cugino un bicchiere di latte freddo. Era impressionante l'uso dei dolci. Ad ogni occasione, quando venivano amici o quando prendevamo il caffe' dopo i pasti era sempre accompagnato da biscotti. Non erano la torta di Pan di Spagna, ne' i Savoiardi che faceva mia madre ogni festa ricordevole. Ma erano buoni e in abbondanza. Io mi abituai subito, mio padre invece resisteva ai dolci. Le conversazioni erano sempre cortesi e allegre. Ma ogni tanto un segno di nostalgia, un lampo di tristezza passava sul volto di noi due. Dopo aver dato una mano a sparecchiare mi preparavo per la Messa delle undici. Mi ero rassegnata al cappellino nero. Anche le scarpe coi tacchi avevo messo a disparte a favore di quelle piu' comode che avevo acquistato al "villaggio". Avrei voluto comperare anche quel bel vestitino celeste che avevo visto in vetrina. Ma per ora non era possibile. Facevo spesso i conti. Dopo pagato il vitto e altre spese mi rimanevano circa $7 dollari della paga settimanale . Non erano pochi per quei tempi. Ed erano miei, li avevo guadagnati io. Il lavoro era assicurato e col lavoro la certezza di guadagno. Questa certezza faceva guardare con confidenza al futuro. Dava un senso che non sapevo definire, non sapevo come chiamarlo, forse si chiamava potere, autorita' . Potevo anche mettere qualche cosetta da parte per me, pensavo,magari 4/5 dollari la settimana. E se non spendevo i 2/3 dollari che mi rimanevano avrei potuto comprare, in due settimane, quel vestitino che mi piaceva tanto. Non avevo mai osato sperare tanto o desiderare tanto. Ma ora era diventato un sogno realizzabile e non sarei stata di peso ai genitori. Anzi ero io che potevo aiutare loro. Ma torniamo alla domenica. Dopo la Santa Messa tornavo a casa a passi svelti, non potevo fare tardi. Era mio compito apparecchiare la tavola per il pranzo. Mia zia era cuoca bravissima e cucinava pranzi deliziosi. L'unica cosa che trovavo estremamente strana era che mio cugino Lenny beveva latte anche con la pastasciutta. A tavola sedevamo l'uno di fronte all'altro. Quando lo vedevo bere quei bicchieroni di latte, e ne beveva piu' di uno, lo guardavo, ridevo e gli facevo una smorfia. Lui si arrabbiava incarcava le sopracciglia e diceva qualcosa in inglese ben sapendo che io non capivo e non potevo rispondergli a tono. Poi sghignazzava soddisfatto. Per non farmi battere, gli dicevo le uniche due parole che sapevo " no mi" volevo dire "not me" (non io) a qualsiasi cosa negativa che gli aveva detto a me. Lui scuoteva il capo e continuava a ridere. Prima che potessi dire un altra parola mio padre mi ammoniva con " smetttila" Obbedivo, ma mi ripromettevo di imparare l'inglese al piu' presto possibile.
. Delia Socci Skidmore
3 febbraio 2007
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