|
SETTEFRATI, gennaio 1938- E` ancora Virgilio, il grande mago della
terra nera, a bisbigliarmi nell’orecchio e nel cuore:"Viene l’inverno...
si spreme l’oliva nei trappeti".
Ed e` incanto suo particolare creare con queste brevi parole una
visione piena di tepore, tutto un vasto silenzio, una quiete suggestiva da
"Opere e giorni". Nessuna meraviglia, poiche` nelle parole semplici ma
tanto trasognate di Virgilio georgico s’esprime l’eterna
vicenda della vita universa. E l’olio, il grano, il vino non
sono forse i compagni della nostra ora terrestre, gli orologi precisi,
infallibili che ci fanno accorti annualmente
del
nostro passare nel tempo perenne?
Nel
cerchio grigio degli olivi.
Quando il tempo dei geli mette come una stasi nei campi che
covano amorosamente la
semenza
del
grano, quando agricoltori e buoi hanno un po’ di riposo, e` il tempo
allora di cogliere le olive. Il una chiarita` mite di sole,
nuvoli di contadinelle dagli
occhi accesi e dai capelli al vento salgono allora sugli olivi
pazienti che cingono di un abbraccio di pace e d’amore le cento case color
del
tempo
del
mio paese . Giunge un brusio di foglie smosse , qualche frase breve, qualcche
fresca risata. I vecchi olivi son divenuti galanti adesso e per un fenomeno di
mimetismo birbone avvolgono e nasdcondono quei frutti acerbi di carne. Ma ora
che lassu` le nevi delle montagne si son fatte di rosa al commiato
del
sole, si alzano da questi olivi ondate di canto che vanno a fermare le ombre
incombenti. Fanciulle sugli olivi: stornelli appassionati
d’amore. Certo, una
volta
l’anno, queste ragazze un po’ selvatiche distolgono quei vecchioni degli
olivi dalla
loro gravita` pensosa e li travolgono nel cerchio spensierato
delle loro canzoni, frementi di giovinezza e di panica gioia. Come sono cari
questi " fratelli olivi , che fan di sdantita` pallidi i clivi e sorridenti!".
Sempre in fremito-un riso d’argento- si placano a sera e accolgono umili e
dolci le squille dell’avemaria. E le portano nel regno di sotterra come un
conforto alle radici che travagliano nel buio. Compagni delle rocce solitarie
salgono, salgono sempre , eternamente [........] portano alle zone immiti della
montagna come un messaggio di pace dalla dolcezza
del
piano. Risussurrano forse le serene calme
del
mare di
Versilia? E non sono incanutiti anzitempo dallo sgomento , essi
che in Grecia
udirono abbrividendo i cori gonfi di destino delle tragedie di
Eschilo e di Sofocle
che ancora sbigottiscono le generazioni? In una domenica di sole
servirono
all’osanna caduco di una gente che si strinse intorno al
Nazzareno e poi lo
crocifisse. Ma furono piu’ veri quando s’avvicinarono
all’umana angoscia di Gesu`
nella veglia tragica di Getsemani. A me poi par
bello
che l’olivo che sa l’amarezza
della lotta sorrida sempre, sia sempre verde. Quanta tenerezza in
questo olivo,
benedizione soave dei campi spogli , olivo nel crescere tardo ,
che va per secoli.
Tra
luce e ombra di un ridotto invernale
Tra gli incantesimi dell’inverno che Virgilio chiama geniale
cioe` piacevole,
delizioso, io pongo la pace e il senso di riposata fatica che
emana dagli antichi
trappeti, soppiantati ora da quelli cigolanti e veloci ad
elettricita`. Parlero` ora di
quei pochi superstiti , rimasti nei borghi . Entro nel mio
trappeto. Una mula gira
faticosamente la macina
del
frantoio. Mi prende un pochino di compassione per
essa, ma poi mi sollevo al pensiero che Plauto, la grande risata
del
popolo latino,
dovette anch’egli girare la macina e che fu appunto la pena di
quella fatica brutale a
fargli sgorgare anziche` pianto una vena immortale di riso.
Procedo: sono nella
camera dei torchi : un po’ oscura questa. Si aggirano attorno
ai fiscoli lacrimosi di
olio , ombre silenziose dagli occhi lucenti . Sono i pochi
lavoranti. Sul focolare e` il
grande caldaione con l’acqua bollente che aiutera` l’olio a
staccarsi dal legno dei
noccioli delle olive. Le fiamme roggie che fanno corona mi paiono
proprio quelle
dell’inferno
del
catechismo. Il loro guizzare ininterrotto e` come l’impulso di una
vita capricciosa che si sguinzagli in tutte le direzioni
sconcertando le ombre di
questo torpore tranquillo . Tanti piccoli scheletri rosso-neri:
sono panchetti di
antica noce , messi li accanto perche` ci si possa sedere , su
cui si riverbera il rosso
della vampa. Un quadro in atto di pittori fiamminghi ; ombre e
luci. L’olio scivola
dalla bocca
del
torchio e s’illumina di una raggera d’oro di luce. Olio che fara’
ridere i piu squallidi focolari , ambrato. Passera` con riflessi
di bonta` su tutte le
mense. Il trappeto in paese costituisce un ridotto , il ritrovo
preferito durante
l’inverno. Ci vengono i vecchietti a fumare in pace la pipa, al
caldo, innanzi alla
fiamma. Ci vengono gli intellettuali e le notabilita`
del
paese a bere il vino buono e
rizzante e a sgranocchiare qualcosa , novellando, mentre fuori
bubbola la tempesta
e abbaiano i cani . Ci vengono i monelli
del
mio paese a fare a nascondarello e vi
portano quell’animazione gioiosa che essi solo posseggono per
dono divino.
Qualcuno d’essi piu` piccino, poco vestito, entra sotto la
cappa
del
camino a
scaldarsi e sorride soddisfatto. I lavoranti di tanto in tanto
lasciano la loro fatica e
seggono accanto al fuoco e raccontano . Io mi ricordo di averli
uditi sempre narrare
della grande guerra a cui parteciparono. Gli par
bello
forse per contrasto in
tanta
pace , mentre fuori zufola il vento, parlare di guerra. I bambini
e i ragazzi zittiscono
di colpo e pendono dalle loro labbra perche` essi arricchiscono
la loro cultura
scolastica coi conversari uditi al sole in piqzza dagli "omini
savi" e con narrazioni
invernali.
Una
canzone giuliva
Qui dentro per certo si compie quasio un rito. Tutto si svolge
con un ritmo pacato,
lento, antico. Quanta felicita` ti riempie il cuore accanto alla
bonta’ di queste
antiche cose , accanto a queste pile di pietra cosi` dimesse e
salde . Santita` e
infinita dolcezza di cose immutabili che ci strappa alla pena a
volte scottante di noi
stessi e ci accarezza d’oblio.
Ora sono uscito fuori e mi allontano. Scende intanto lentamente
la neve come
bianco velo che tutto ricopre. Mi giunge smorzata , in po’
distante la canzone
giuliva dei torchi, lo scricchiolare della ttrave della macina.
La fumata
del
camino ,
pregna
del
buon odore dell’olio, si libra nella candida notte. Echi e profumi di una
antica fatica che attraversa uomini e tempi cose buone della csa
paterna che
colorano di un sorriso pio questa incantevole fatica della mia
vita!
Gaetano Venturini
|
|