Il salone
‘San Tommaso D’Aquino’ del palazzo vescovile era molto affollato.
I
conferenzieri, schierati come birilli dietro il grande tavolo, si
alternavano alla presentazione dell’ultimo libro di Mons. Dionigi
Antonelli dal titolo ‘Gli ospedali delle parrocchie e degli ordini
religiosi esistenti nella città e Diocesi di Sora dal secolo XI al
secolo XIX’.
Coordinatore
il prof. Claudio Basile, si sono susseguite le relazioni del prof. Luigi
Di Cioccio, Presidente della Società Italiana dei Geriatri ospedalieri,
del prof. Filippo Carcione, Docente di Storia del Cristianesimo
all’Università di Cassino, del prof. Angelo Molle, Assistente di Storia
della Chiesa all’Istituto Teologico di Anagni e dell’ Avv. Luciano
Santoro.
Le
conclusioni dei lavori sono state affidate al Vescovo Filippo Iannone e
a Mons. Dionigi Antonelli.
La
monografia presenta ed esamina “le 41 strutture sanitarie che, come
asili di carità, in nove secoli dal 1000 al 1900, hanno accolto uno
stuolo di poveri, di malati, di pellegrini, di diseredati bisognosi di
tutto, specie d’amore fraterno.”
È stata una
fioritura di opere caritative rimaste nascoste e dimenticate negli
archivi ma che, Don Dionigi, ha saputo trovare e ritrovare arricchendo,
con pagine inedite, il patrimonio spirituale e culturale di ciascun
paese, specialmente del nostro.
In
particolar modo, Don Dionigi afferma che i primi documenti che parlano
di Settefrati sono del 990.
Nel versante
nord ovest del suo vasto territorio, fin dalla più remota antichità, si
incrociavano due strade di grande traffico: quella romana detta
‘Marsicana’ che provenendo da Pietrafitta passava per San Donato centro
e attraversando il valico di Forca D’Acero raggiungeva l’Abruzzo.
L’altra,
proveniente da Alvito, attraverso Settefrati portava i pellegrini alla
Chiesa di Canneto e le carovane di viandanti e di artigiani, attraverso
i valichi della Camosciara, ai mercati abruzzesi e molisani.
In tanto
traffico ed andirivieni di gente s’imponeva la necessità di due
strutture che potessero dare ristoro fisico e spirituale ai viandanti.
Ed ecco
spiegato perché in quella zona c’erano, fin dall’alto Medioevo,
l’ospedale-monastero di S. Paolo e l’ospedale e la Chiesa di Santa Croce
Il
primo che appare in
ordine di tempo, non solo nel territorio di Settefrati ma, pensate, in
tutto il territorio della Diocesi di Sora nell’anno 1012, è l’ospedale
di San Paolo.
Invece in un
documento del 1032, vent’anni dopo, sempre sulla via Marsicana, si
attesta l’esistenza di una Chiesa benedettina con annessa una
costruzione di due piani.
Il piano
terra, un androne con volta a botte ed un finestrone al centro era
l’ospizio vero e proprio.
Al piano
superiore era alloggiata la comunità religiosa.
Lo scopo
delle due istituzioni era quello di soccorrere i miseri, ospitare e
difendere i pellegrini e di guarire i malati.
Nel 1530
inizia il declino.
I
Monaci Cavalieri Ospitalieri, detti ‘Giovanniti’, furono costretti dai
Turchi ad abbandonare l’isola di Rodi e a riparare a
Malta,
dal cui nome si chiamarono per sempre ‘Cavalieri di Malta’.
Nel 1633 lo
storico Castrucci d’Alvito affermò che era rimasta solo la chiesa mentre
il monastero era in rovina.
La terza
struttura ospedaliera si trovava, e si trova, al centro del paese.
Fu fondata
il 5 febbraio del 1574 dall’Abate Don Vincenzo Falcetta di Settefrati.
La pia
istituzione veniva chiamata “l’ospedale del ponte” ed aveva un
patrimonio fondiario costituito da 29 proprietà terriere e da tre
abitazioni che veniva amministrato dagli ecclesiastici del luogo.
Nel giugno
del 1800 l’ospedale parrocchiale passò nelle mani del comune.
La rendita
annuale, proveniente dal fitto dei fondi rustici, veniva devoluta per
opere di beneficenza come doti a povere fanciulle, soccorso ai poveri in
denaro e agli infermi in medicine.
Don Dionigi
continua, poi, nell’analisi delle altre innumerevoli Istituzioni della
Diocesi che, nei nove secoli presi in esame, hanno determinato la
storia, la religiosità, la geografia, la toponomastica della nostra
terra.
Veramente un
bel lavoro.
Grazie Don Dionigi, con mille anni della
nostra storia ci hai aiutato a ritrovare il coraggio di essere
Settefratesi, nonostante tutto.
E quando la vita ci farà trovare soli,
nelle periferie di città lontane, insieme alle note antiche dell’Evviva
Maria, sentiremo salire dal cuore, dal profondo del cuore, il ritrovato
orgoglio di uomini perdutamente innamorati della propria storia, della
propria terra.
17 dicembre 2009 , San Lazzaro di
Betania.
Aldo Venturini
San Paolo, Santa Croce, luoghi
settefratesi legati alla religiosita' della nostra terra, legati a
Canneto, legati alla Carita' Cristiana. Riemergono dalle nebbie
dell'oblio per uno studio monografico di Mons. Antonelli, il nostro Don
Dionigi. Aspettiamo di leggere il nuovo libro, il cui argomento ci
affascina, che dara` un ulteriore contributo alla conoscenza della
nostra storia. Quella nostra storia che da` l'idea di uno di quegli
affreschi antichi, gia` di per se` molto dignitosi, resi piu' dignitosi dalle ingiurie del
tempo, spesso quasi illegibili, con ampie superfici mancanti, che i contributi di amore e di lavoro
degli storici locali come don Dionigi riempiono lentamente, in un lavoro
che durera` secoli e che non sara` mai definitivamente compiuto. Dal
nostro affresco vediamo un piccolo paese, il nostro, debole di una
economia stentorea, .... ma spiritualmente fortissimo....c'erano
conventi a Canneto. a Sant'Angelo, alla Canala, a San Paolo, a Santa
Croce... rimangono solo poveri ruderi, in questi giorni sotto la neve
del "global warming" ... . Solo poveri ruderi, ma la mano pietosa dello
storico paziente ed appassionato (viene in mente Omero, cieco, che con
mano tremante cerca fra le tombe...), da` nuovo vigore, salva quanto da
essi ruderi e` significato : quella pieta', che e' ordine forte ed
esplicito e tremendo di Gesu` Cristo, e che si incarno` a Settefrati
in
iniziative concrete a favore dei pellegrini, a favore dei poveri,
in secoli lontani il cui profilo e` quasi dissolto. Come molto
opportunamente dice Aldo Venturini questa nuova opera del prolifico Don
Dionigi ci restituisce un po' di coraggio, un po' di orgoglio di essere
settefratesi, perche` il nostro paese nei secoli ha primeggiato fra le "ville
circostanti" nell'amore per Dio e per la Vergine Madre e, ed e' lo
stessissimo amore, per i Poveri. Un frutto prezioso del salvataggio
delle memorie potrebbe essere, a Dio piacente, il riecheggiare di una mistica, appena
sussurrata e dolcissima comunione con i nostri monaci e con le
loro salmodie, nei nostri piccoli conventi, con
le loro cristianissime anime....noi con loro, con i nostri
cieli, con i nostri olivi, con le nostre querce...... le antiche armonie
delle sere del 14 e del 29 agosto sono ancora quelle dei nostri monaci . Riparleremo
ancora della nuova fatica di Don Dionigi, che salutiamo affettuosamente.
av, 20 dicembre 2009. Grazie Aldo!!! |