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A SETTEFRATI , UN TEMPO .....
PASQUA
Non ricordo mai una Pasqua senza sole a Settefrati. Ricordo sempre il
cielo azzurro in quelle lontane primavere di festa. Qualche nuvola
bianca, leggera veleggiava nell’immenso e avrei giurato avessero
tutta la forma degli Angeli della Resurrezione come quelli dipinti da
famosi artisti del Rinascimento .
Quando il profumo di un fiore aleggiava nella valle, quando il bosco
rinverdiva in contrasto con le cime bianche dei monti , quando la
rondine tornava al vecchio nido la primavera era arrivata e con essa la
Santa Pasqua.
I preparativi per la Pasqua cominciavano il giorno prima: il Sabato
Santo. Era il giorno di fare la torta, la classica Pizza di Pan di
Spagna:. era un dolce delicato e doveva venire maneggiato con molta cura.
La mattina di Pasqua mia madre si alzava presto per fare la classica
crema per riempire la torta.Ancora oggi mia madre dice,con un sorrisetto
malizioso che solo lei in famiglia sapeva fare un perfetto Pan di Spagna.
Mentre lo preparava io le ero accanto. Non per imparare come mi aveva
detto lei, ma per leccare quel pochino di crema che rimaneva attaccata
alla pentola.
Mentre nella case si facevano i preparativi per il pranzo la piazza si
riempiva di uomini e ragazzi rivestiti a festa.
Verso le dieci e trenta passava il sacrestano zi` Lirite (zio Loreto)
seguito da alcuni ragazzi . Era l’ora di suonare le campane, tutte le
campane, dalla piu` piccola alla piu` grande per annunciare a
vicini e lontani di prepararsi per la Messa Solenne.
Le campane risuonavano a distesa, il rintocco faceva un concerto che si
effondeva tra valli e monti.
Dalle case della campagna sparse uscivano le famiglie tutti vestiti a
festa e si recavano in cammino verso il paese. Le donne per andare
a Messa , gli uomini per fermarsi in piazza a fare quattro chiacchiere
con gli amici e le giovanette per farsi ammirare dai ragazzi del paese
che le aspettavano vicino la ringhiera della piazza. Il cammino da
percorrere era tutto in salita e i ragazzi osservavano dall’alto. Le
mamme sempre vigilanti tenevano sott’occhio le figlie e lanciavano
occhiate severe a quei ragazzi che guardavano troppo a lungo. Le donne
in costume locale sfoggiavano belle gonne colorate e la
tradizionale camicia bianca stirata perfettamente con le maniche a
pieghettine come si usava allora. il fazzoletto candido in testa piegato
dietro la nuca e legato sotto le lunghe treccie .Solo le più anziane
ancora portavano le cioce. Come sempre quando salivano in paese,
le ragazze di adornavano di fiori che coglievano lungo la strada.
Io quell’anno mi ero messa d’accordo con la mia amica Maria che ci
saremmo vestite piu`o meno uguali. Era in nostro modo di appartenere” “
to belong “ era importante a quella eta` come ancora fanno i moderni
teen agers. Oggi hanno Rap Music e Hard Rock Noi avevamo le voci
melodiose di Carlo Buti , Claudio Villa e Mario Merola.
Io avevo un completino a
quadrettini bianco e blu, gonna e giacchettina senza maniche e
camicetta. Maria aveva uno simile di colore blu. Con Maria ci
eravamo messe d’accordo che appena suonavano le campane io sarei andata
a casa sua ad aiutarla a vestire poi ambedue a casa mia dove mi
avrei vestita io. Maria abitava al di la`della piazza opposta a casa mia.
Attraversai la piazza e mi trovai davanti casa sua dove lei mi
aspettava gia vestita. Eravamo nell’età dello sviluppo che imbarazzava
le ragazzine . Maria, un anno piu` di me, aveva gia` belle forme.
Il vestito metteva in evidenza le sue curve. Maria aveva lunghi capelli
lisci e neri. Per la Pasqua li voleva acconciare stile “coda di cavallo”
come era di moda allora. Si tiro` i capelli dietro la nuca e mentre io
reggevo la coda di cavallo lei li annodo` con un nastro celeste. Si
guardo ai vetri della finestra che rifletteva la sua immagine.( il
vecchio specchio della nonna attaccato al muro era tutto rotto). Giro`il
capo rapidamente da un lato all’altro poi di nuovo ancora piu
svelta mentre la coda di cavallo saltellava da un lato all’altro del
collo.
Soddisfatta che tutto
andava bene mi prese la mano e andammo verso casa mia. Mentre
attraversavamo la piazza la campana suono` di nuovo per avvertire che
mancavano pochi minuti alla Messa. Frettolosamente misi il vestitino a
due pezzi con la camicetta. La mia gonna pendeva lenta dalla vita e il
mio corpetto anche con la camicetta dentro era abbastanza sciolto.
Ovviamente le mie forme ancora non riempivano le curve dei vestiti. Io
speravo che un giorno avrei anche io rotondita`come quelle di Maria. La
mia coda di cavallo non riusci bella come la sua .I miei capelli erano
ondulati e non lunghi come i suoi. Fu facile tirarli indietro radunarli
e annodare col nastro rosso. Il nastro rosso era il mio colore preferito.
Cosi vestite ci avviammo verso le scale che portavano alla chiesa. Mi
voltai sopra a guardare la facciata della chiesa, sulla loggia affacciati
al muro di colonnette una squadra di giovani ragazzi guardavano
giu` ai fedeli che salivano per la Messa.
Passai lo sguardo su tutti
i ragazzi dimenticando per un momento le raccomandazioni di mia madre :
“non guardare diretto ai ragazzi” invece noi guardammo e potrei giurare
che uno di loro fece l’occhietto non so se a me o alla mia amica.
Abbassai subito lo sguardo
ed il capo presi la mano di Maria e la tirai frettolosamente verso la
porta della chiesa. Ero sicura di aver commesso un peccato, non grave
forse , ma sempre un peccato. Avrei dovuto fare la penitenza: 5 Pater
Ave e Gloria e un sentitissimo Atto di Dolore . Entrammo. La chiesa era
piena dell’odore di incenso, l’Altare era tutto in festa con fiori
d’ogni colore e la tovaglia che copriva l’Altare e i cantelabri
con tante candele accese. Avevamo lavorato tanto noi, le Aspiranti
dell’Azione Cattolica, insieme alle suore la sera avanti per addobbare
un Altare degno della Resurezione di Nostro Signore. Io Maria e altre
ragazze ci sedemmo ai primi banchi della chiesa, vicino alle suore. La
chiesa vibrava ed echeggiava di gioia e di festa. La Messa fu una
celebrazione festosa di suoni e canti. I due sacerdoti celebrarono la
liturgia anche loro con canti e prediche. Io anche raccolta nelle
preghiere ogni tanto pensavo al pranzo e la deliziosa torta che mi
aspettava a casa.
Finita la messa ci avviammo verso l’uscita. Fuori salutai le mie amiche
augurando loro un buon pranzo. I ragazzi ci avevano preceduto e erano
allineati alla ringhiera della piazza.
Completamente imbarazzata scesi frettolosamente le scale della chiesa e
fui dentro casa in un attimo. Scendevano anche le donne e uomini della
campagna dirette verso casa . Appena fuori paese le donne si sarebbero
tolto le scarpe e avrebbero camminate scalze per non consumare le scarpe
nuove. Il sole brillava alto nel cielo e le campane suonavano a festa.
A casa la tavola era imbandita con la famosa tovaglia ricamata a mano,
quella che per miracolo avevamo ritrovata non so dove dopo la guerra.
C’erano tutti a casa. Zii e cugini seduti a tavola. Noi
ragazzi che non entravamo alla tavola ci sedevamo ai gradini della scala
che portava al piano di sopra . Stavamo bene a mangiare cosi , ci
piaceva essere appartati. Io pero’ che ero la piu` grande dovevo
aiutare a servire a tavola. Il pranzo cucinato dalle donne nostre era
delizioso: dal brodo alla pasta dal lesso all’insalata .
Ma tutti aspettavano con ansia la bella torta che si mangiava solo a
Pasqua. Quando arrivo`a tavola tutti la degustarono e fecero i
dovuti complimenti a tutte le cuoche.
Mia nonna mi chiamo` a parte mi diede un piatto pieno di un po`tutto
quel che avevamo mangiato e anche un pezzetto di torta e mi disse di
portarlo alla za` Carlina . Zia Carolina ( erano tutti chiamati
“zii” gli anziani dai piu` giovani ) era donna sola.
Abitava affianco a noi giu` i pochi scalini accanto a casa che davano di
fronte alla casa di Za` Carlina. La vecchia si commoveva sempre quando
le portavo il piatto anche a lei. Mi prendeva la mano e metteva
sul mio palmo uno spicco di frutta secca e poi mi richiudeva la mano
come se non volesse che io smarrivo quel prezioso regalo.
Aveva due bei colombi che le stavano sempre vicino quando si sedeva
davanti alla casa.
Quel giorno li vidi con le ali stese girando uno attorno all’altro
pigolando. Poi uno apri la coda a forma di ventaglio giro` ancora
attorno all’altro ed insieme spiccarono il volo nel cielo azzurro. Delia Socci Skidmore
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10 aprile 2008