PIETRO GENTILE
Pietro ora e`un uomo anziano un po` curvo sotto il peso dei suoi 86 anni. Ma si vede ancora che era stato un bell'uomo alto e robusto. Il giorno che andai a fargli visita e parlare della sua interessante storia d'emigrante lo trovai dietro l'orto col suo amico Gianni: si accingevano a coprire la pianta di fico che suo zio aveva portata da Settefrati tanti anni fa. Le piante di fico si devono coprire bene per il rigido inverno del Connecticut altrimenti si seccherebbero. I rami si devono piegare fino al suolo, coperto d'incerata, poi si costruisce un riparo di legno sopra e attorno a tutta la pianta e in fine si ricopre tutto con un copertone. I due amici si divertivano a fare il lavoro insieme e scherzavano fra loro come due ragazzini. Mentre lavoravano a coprire la pianta Giovanni anche lui vicino agli 80 anni mi spiegava come i due passano le giornate: la mattina presto dopo la colazione fanno il giro dei supermercato in cerca di "specials" con l'auto di Pietro, lui ancora guida. Gli amici che non possono piu`guidare danno la lista ai due e loro partono in cerca di merce a prezzo ridotto. Ormai li conoscono tutti i commercianti e li aspettano con la mercanzia. Io intanto aspetto che Pietro mi dia il segno che e` pronto "all`intervista". Invece lui continua a fare il comodo suo e a chiacchierare con l'amico. Aspetto. Dopo un po` mi dice che ora andiamo a casa di Giovanni che e` proprio di fronte alla sua. Li c'e Lucia, la moglie di Giovanni e mia cugina che ha gia` preparato il caffe`. Lucia apre la porta col suo immancabile sorriso, ci invita a sederci, poi mette i biscotti sul tavolo e l'immancabile bottiglia di anisetta e sambuca per il caffe`. Vedo che Pietro gusta molto il caffe' con anisetta. Allora chiedo, dico, in che anno sei venuto, cosa facevi, dove hai abitato. Pietro ora che ha bevuto un paio di caffe` con l'anisetta comincia a raccontare. Mi dice che e` arrivato dal paese nel 1939 all'eta di 19 anni. Venne solo a riunirsi con i suoi genitori che erano emigrati poco tempo prima. Dice con un velo di nostalgia, che aveva lasciata la fidanzata, Francesca a Settefrati. Le aveva promesso che sarebbe tornato entro poco tempo e si sarebbero sposati. Come tanti prima di lui e anche dopo, venne pieno di speranze e sogni per l'avvenire e una gran voglia di lavorare, risparmiare qualche soldo, tornare a casa, sposarsi e vivere tranquillamente a Settefrati con la sua Francesca . Pietro ricorda tutto come se fosse ieri. Erano tempi duri anche in America. I suoi zii avevano un "business" di distribuzione di blocchi di ghiaccio. Erano i tempi prima dei moderni frigoriferi e il ghiaccio si comprava a blocchi. I suoi zii avevano un carretto tirato da due cavalli e tutti i giorni giravano le strade della citta` per distribuire i blocchi. Appena le massaie sentivano arrivare il carretto si affacciavano e chiamavano i due per la consegna del ghiaccio. I due uomini non aspettavano che la donna scendesse, erano loro a portare il ghiaccio in casa. Se poi a casa c'era anche l'amico, loro compare, si sedevano a fare quattro chiacchiere tanto non c'era orario stabilito di quando dovevano fare la consegna. Il compare era sempre provvisto di buon vino che faceva lui. I tre si sedevano a chiacchierare e bere e il tempo passava. Poi di nuovo a fare consegne. E se poi, di nuovo "per caso," incontravano anche l'altro compare, questi li invitava a bere con lui, sosteneva che il suo era molto superiore a quello dell'altro compare, i due acconsentivano e bevevano. Ovviamente avendo bevuto troppo i due uomini rimanevano addormentati sui gradini o sui marciapiedi. I cavalli aspettavano, poi visto che i signori padroni non tornavano, se ne andavano a casa sbrigliati. Le mogli allora sapevano che i due stavano smaltendo la sbornia e sarebbero tornati a tempo. Apparentemente era un fatto normale e nessuno si agitava. Se il ghiaccio non si distribuiva oggi c'era sempre un domani. Pietro si diverte a raccontare questa storiella e ride allegramente facendomi notare quanto erano intelligenti quei cavalli. Lui invece lavorava come operaio con una ditta edile. Pensava a Francesca che aveva lasciato tanto triste alla sua partenza. Pensava alla vita insieme, la famiglia che avrebbero formato. Per lui ogni giorno che passava lo portava piu vicino al suo scopo e con rinnovate speranze continuava a lavorare. Aspettava ansiosamente le lettere di Francesca e gli pareva che ci mettessero un'eternita` perche` la posta a quei tempi ci metteva molto tempo tra i due Continenti.
PIETRO SOLDATO Poi successe l’impensabile, una cosa grave, triste, dolorosa, come un fulmine a ciel sereno che avrebbe completamente cambiato la vita di tutto il mondo: il 7 dicembre 1941 i Giapponesi attaccarono la base navale di Pearl Harbor nelle Hawaii. L’8 dicembre il Congresso degli Stati Uniti dichiaro` guerra al Giappone. Subito dopo l’Italia dichiaro` guerra agli Stati Uniti. Se l’attacco a Pearl Harbor fu come un fulmine a ciel sereno la dichiarazione di guerra dell’Italia fu come il rombo di tuono che invariabilmente segue il lampo. Immediatamente per gli italiani in America cambio` tutto. Abituati a molte forme di discriminazioni ora se ne aggiungeva anche un’altra. La comunita` italiana fu sospetta dall’Amministrazione del Presidente Roosevelt di avere una lealta` discutibile verso gli USA. Il 19 febbraio 1942 il Presidente firmo` l’Ordine Esecutivo per gli italiani di lasciare le loro abitazioni: insieme a giapponesi e tedeschi furono internati in campi di concentramento. Furono circa 10.000 mila gli italiani internati. Centinaia di altri dovettero lasciare le abitazione dove avevano vissuto da anni, furono costretti a portare un lasciapassare e i loro movimenti e il lavoro furono limitati. Le navi da pesca furono confiscate per uso di guerra. Anche l’insigne scienziato Enrico Fermi e altri leaders delle comunita' furono soggetti a limitazioni di movimento. Paradossalmente altri giovani italiani furono chiamati a far parte dell'esercito americano. E cosi fu anche per Pietro che nell’ agosto del 1942 fu chiamato ad arruolarsi nell’esercito americano. Pietro vi ando`, trepidante sicuro che anche lui sarebbe finito negli campi di internamento o rimpatriato. Invece fu ammesso al servizio militare e un anno dopo a lui e molti altri fu concessa la cittadinanza americana. Pietro come molti altri italiani richiamati al servizio militare USA, fu messo a dura prova. Gli italiani li chiamavano traditori, gli americani li sospettavano di poca lealta` e li guardavano male . Pietro si tormentava tra la lealta `per la Patria lontana e il dovere verso la terra che lo ospitava. Il tormento si faceva piu' acuto al pensiero di dover combattere in Italia contro gli italiani. Il pensiero lo assillava: si domandava: e se mi vengo a trovare faccia a faccia a combattere contro i miei paesani? Ma non c’erano scelte, ormai erano soldati americani e avrebbero combattuto per l’America contro l’italia. Era loro dovere. Il giorno 17 giugno 1943 Pietro e altri soldati s’imbarco` per Casablanca, arrivando il 25 stesso mese. Con lui altri soldati italiani furono assegnati a fare da interpreti nei campi di concentramento italiani. Pietro si fa un sorrisetto e dice: cosa potevamo interpretare ? ...mica “capiscevam” tanto “l’ammercan”. Ma agli ordini dei superiori si dovevano ubbidire e cosi lui e gli altri interpretavano..... quello che non capivano.
IN SICILIA
Un mese dopo venne l’ordine di imbarcarsi per la Sicilia. Il 9 e 10 luglio 1943 l’armata alleata Anglo Americana lancio` una delle piu grandi operazioni di guerra per l’invasione dell’Isola. Pietro ricorda come piu' volte le navi alleate cercarono di sbarcare, l’esercito italo germanico combatteva ferocemente per bloccare e respingere gli alleati. Dopo trentasei giorni di continuo assedio gli americani sbarcarono in Sicilia. Fu il primo suolo Italiano che cadde in mano alle Forze Alleate. Quando si trovo’ al suolo italiano Pietro provo` sentimenti inesprimibili. Era in Italia ma non si sentiva a casa. Il suo pensiero volo` a Francesca. la sua Francesca dalla quale non aveva avuto piu' contatto dal 1940. Pietro aveva saputo che Settefrati era stato occupato dai Tedeschi e gran parte della popolazione si era rifugiata nelle montagne e probabilmente anche Francesca. Sperava che fosse viva, che non l’avesse dimenticato e che l’aspettasse ancora. In Sicilia a Pietro fu assegnato di guidare il camion dei rifornimenti. Un giorno mentre era in linea per il rancio giornaliero si senti chiamare per nome in dialetto settefratese. Sobbalzo` al richiamo perche' gli sembro` di riconoscere la voce .Si volto` di scatto e si trovo faccia a faccia con un uomo lacero, smunto, dagli abiti a brandelli e con scarpe rotte legate ai piedi con spaghi. Pietro riconobbe il suo vecchio amico d’infanzia, Domenico, in uniforme italiana a brandelli Pietro visibilmente commosso al ricordo di quell’incontro inaspettato posa e si ferma di parlare mentre gli occhi vagano a quel lontano giorno e si velano di tristezza. Lucia gli riempie la tazzina di caffe` mentre Gianni mette un generoso aiuto di Sambuca. Pietro beve con gusto. La scena si e` svolta senza che nessuno ha proferito parola. Gianni e Lucia in quel caso sapevano esattamente cosa fare per il loro amico. Pietro si riprende e continua: “mi meraviglio` e mi impietosi` a vedere il mio vecchio amico cosi mal ridotto”. Gli ando`incontro, e si abracciarono con emozione. L’amico lacero ed emaciato, lui in uniforme pulita stirata, impeccabile e scarpe nuove e lucide. Il suo primo istinto fu di aiutare il suo caro amico ma sapeva che era proibito dar aiuto e conforto al “nemico”. Ma la forte amicizia e il legame che li univa fin dall’infanzia sorpasso` tutte le regole e le proibizioni di guerra . Pietro di nascosto condusse il vecchio amico in una villa previamente occupata da un ufficiale italiano e abbandonata in fretta quando gli alleati erano sbarcati . Nella villa trovarono vestiti nuovi, scarpe e indumenti. Domenico si rivesti` come “un principe”. Ma Pietro fece di piu` per il suo amico d’infanzia, lo rivesti in uniforme americana e lo raccomando` ai suoi superiori, che aiutassero il suo caro amico. Domenico fu assunto a lavorare per gli ufficiali americani . Lo avrebbero anche pagato. Domenico in un solo giorno aveva passato da lacero fuggitivo soldato italiano a lavorare per gli alleati. Intanto in Sicilia arrivavano profughi di guerra e tra loro molti settefratesi. Arrivavano stanchi, affamati, confusi dopo aver vagato per l’Italia per mesi. Pietro aiutava, confortava provvedeva, come meglio poteva i suoi paesani e quanto poteva trovava lavoro per loro con i militari alleati.
INCONTRO CON FRANCESCA Venne il giorno che dovette ripartire. La sua nave sbarco` prima a Napoli poi a Gaeta e finalmente Roma. A Roma a Pietro sembrava di sentire l’odore dei boschi del suo paese tanto si sentiva vicino a Settefrati. Adesso aveva deciso che nessuno l’avrebbe fermato, ne` il rombo di cannoni, ne` gli assidui bombardamenti ne` il pericolo di essere catturato lo potevano fermare di andare a Settefrati in cerca di Francesca. E un fine settimana senza permesso si avvio` per Settefrati con mezzi di fortuna. Piu` si avvicinava al paese piu`terribili erano le scene che gli si presentavano. La guerra aveva distrutto tutto. Campi che bruciavano, alberi atterrati, non c’era piu’ segno di vita nelle strade, tutte devastate dai bombardamenti. Molte case erano state distrutte ed di altre restava solo un cornicione . Degli abitanti nessun segno. Volto`verso il bivio ovvero quel che rimaneva del bivio alzo lo sguardo su` verso i monti e vide Settefrati. Resto` affranto e quasi gli venne da piangere nel vedere tanta distruzione. Arrivato in paese dovette passare tra macerie e pietre di case abbattute. Svolto` verso il colle in cerca della casa di suo padre . La trovo` in rovina. Si senti male a rivedere la casetta dove era nato e cresciuto, distrutta. Volto` il capo lontano verso i monti per non guardare piu` cio` che gli dava tanto dolore. Rivide le montagne alte coperte di verde e le cime che quasi arrivavano al cielo. Le maestose montagne che lui aveva percorso da ragazzo lo riportarono indietro alla sua fanciullezza che ora era solo un lontano ricordo. Cammino` ancora un po` in cerca di Francesca, non la trovo`. Domando` a qualche passante e gli dissero che Francesca era in chiesa. A sentirlo gli passo` tutta la stanchezza tutto l’affranto tutto il male che sentiva e s’incammino` a grandi passi, quasi di corsa verso la chiesa. Di nuovo Pietro si ferma di parlare ….. posa e sorride. Il ricordo di quel giorno ancora vivo nella sua mente lo riempie di dolci lontane memorie. Lucia pronta con una nuova macchinetta di caffe bollente lo versa nella tazzina pulita. Gianni, suo marito ha gia in mano la bottiglia di anisetta e ne versa un generosa quantità nel caffe` di Pietro. I due uomini si mettono a parlare fra loro e Pietro si distrae. Ovvio che per oggi abbiamo finito l’intervista. Riprenderemo domani.
Il giorno seguente mi ritrovo con Pietro e compagnia. Pietro e` ansioso di riprendere a raccontarmi la su storia e comincia subito. Quando arrivo` vicino alla chiesa preso dall’emozione rallento` un po’il passo, poi decisamente varco` la soglia ed entro`nella chiesa semibuia. Vide la sua ragazza inginocchiata col capo chino, assorta in preghiera. La chiamo` per nome ad alta voce mentre correva verso di lei. Francesca si volto` di scatto rimase ferma quasi di ghiaccio incredula a vedere il suo amato Pietro li in chiesa di fronte a lei. Poi in un attimo furono l’uno tra le braccia dell’altro. Non importava niente che erano in chiesa. Avevano mille domande da farsi, mille cose da dirsi. Erano trascorsi anni da quando si erano scritto l’ultima volta. Parlando insieme si avviarono verso la casa di Francesca. Parlarono del passato e dei sogni e speranze che avevano per il futuro insieme. Poi Pietro dovette ripartire per riunirsi all’esercito americano a Roma. Prima di partire rinnovo` la sua promessa a Francesca che sarebbe ritornato e l’avrebbe sposata.
IL MATRIMONIO
Pietro fu trasferito a Firenze e poco dopo gli fu concessa una breve licenza di due settimane. Pietro Gentile parti subito per Settefrati. Riabbraccio Francesca e le disse che la voleva sposare subito che non l’avrebbe lasciata mai piu`. La giovane comincio` a fare preparativi per le nozze imminenti. Non si poteva fare uno sposalizio come lei aveva tante volte sognato. Ma per lei sarebbe stato il piu’ bello di ogni altra ragazza del paese. Intanto Pietro ando` ad avvertire il parroco delle sue intenzioni. Ancora c’era la guerra a Settefrati ed era assolutamente proibito per un militare di sposarsi mentre era ancora in servizio. Il parroco gli disse che era impossibile che non li potevano sposare senza permesso degli ufficiali militari. Ma Pietro non si arrese spiego` la situazione al parroco e disse che se non li univano in matrimonio lui avrebbe portata con se Francesca senza la benedizione e non solo era disposto a pagare il tributo, non uno ma due polli, il dovuto che ogni coppia donava al parroco quando si sposavano. L’abate consulto` l’arciprete e riferi` il fatto dei due polli promessi. E siccome fame e poverta` non conosce leggi o proibizioni di guerra e non si arresta nemmeno davanti a un esercito armato, i due preti decisero che sarebbe stato una grave mancanza non concedere alla coppia di sposarsi davanti all’Altare, davanti a Dio e davanti ai Testimoni e con la Santa Benedizione. Il primo Febbraio 1945 Francesca e Pietro si unirono in matrimonio nella chiesa danneggiata dalla guerra. Pietro sapeva che sarebbe rimasto a Firenze per sei mesi e decise di portare Francesca con se’. Ma era assolutamente proibito ai militari di trasportare civili con mezzi militari. Pietro era venuto a Settefrati col suo amico Tommy in un camion militare. Pensarono di travestire Francesca con una divisa militare e avrebbe viaggiato nel retro del camion. I due amici avrebbero guidato a vicenda. Cosi` fecero e si avviarono verso Firenze con Francesca soldato. A meta` strada s’imbatterono in una brigata di soldati americani. Per fortuna non perquisirono il camion e arrivarono a Firenze senza incidenti. Francesca ando` ad abitare in casa di amici per tutto il tempo che Pietro sarebbe rimasto in servizio a Firenze. A Maggio 1945 fini la guerra in Europa. A Pietro furono concessi dieci giorni di riposo e ricovero. Durante questo periodo Pietro ritorno a Settefrati con Francesca. Rimase con lei pochi giorni poi fu trasferito in Austria. Ma ora Francesca aspettava un bambino. In quei pochi giorni che rimase a Settefrati Pietro ebbe la fortuna di rivedere il suo vecchio amico Domenico reduce della Sicilia. Domenico era tornato alla sua famiglia con un bel gruzzoletto di soldi guadagnati mentre in Sicilia aveva lavorato per gli americani. Nel gennaio 1946 Francesca diete alla luce un bambino e lo chiamo` Ralph. Intanto Pietro era ritornato in America con l’esercito americano. Quando finalmente torno` a casa a Stamford comincio` subito le pratiche per richiamare Francesca. Siccome gli era stata concessa la cittadinanza americana quando fu richiamato sotto le armi e aveva servito con onore , le pratiche furono sbrigate subito e senza problemi. Scrisse a Francesca che presto sarebbero stati insieme per sempre. Francesca, si sentiva a disagio non sapeva cosa poteva fare in America e l’ignoto le faceva paura. Ma sapeva che Pietro l’aspettava e aveva fatto tanti piani per il loro futuro. Pietro rassicuro` la giovane moglie di non temere che sarebbe andato tutto bene, in America avrebbe trovato i suoi genitori che l’aspettavano con ansia. Avevano preparato una bella casetta per lei e il bambino. Poi le scrisse di venire tranquilla che in America avrebbe trovato.... soldi per strada. Francesca e Ralph arrivarono in America il 17 Maggio 1946. Prima che arrivasse Pietro aveva aperto un negozio di polli. Al negozio ci lavorava tutta la famiglia, suo padre sua madre e suo fratello. Francesca fu accolta con piacere da tutta la famiglia. Un anno dopo alla coppia nacquero due gemelle. Francesca poteva contare sull’aiuto dei parenti che vivevano nella stessa casa per una mano d’aiuto con le gemelle e quando poteva aiutava nel negozio. Pietro e Francesca vissero felici per tanti anni.
Oggi ancora Pietro abita nella stessa casa dei suoi genitori vicino dove avevano il negozio di pollame. Francesca non c’e piu` si e spenta anni fa lasciando un grande vuoto in tutta la famiglia. Avevano sperato di ritornare insieme a Settefrati per una visita. Rivedere il vecchio paesello, i campi dove avevano lavorato, gli oliveti, i monti. Ma come tutti i progetti che si rimandano da giorni a mesi e anni, cosi` il loro sogno non si avvero`. Pietro non ha piu` visto il paese da quel lontano 1945.
DELIA SOCCI SKIDMORE 8 maggio 2007
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