PREDICHE DI QUARESIMA

 Delia Socci Skidmore

 

Durante le sere della  Settimana Santa a Settefrati venivano  i Padri Passionisti a fare le prediche per l’occasione e attiravano in chiesa molti fedeli.

 Veniva da noi un Padre Missionario, vestito di nero, con un gran crocefisso sul petto e un lungo barbone. La Chiesa per quell’occasione era gremita di gente uomini e donne, giovani e anziani.

Faceva freddo in chiesa e le nonne  venivano coperte con lo scialle che le copriva dal capo e le spalle. Gli uomini, i benestanti vestivano lunghi mantelli a ruota con colletto di pelliccia, gli altri qualche cappa di lana tutta tappezzata. vecchia o nuova il necessario era ripararsi dal freddo e assistere alle  la funzione.

Il predicatore saliva sul pulpito ,dava uno sguardo ai fedeli, si soffermava un momento poi con ampie gesti, si faceva il segno della croce e con lui tutti i fedeli.

Un Pater Ave e Gloria si accarezzava la barba e con voce tonante cominciava la predica.

 

Invitava tutti a riflettere sui lori gravi peccati. Esortava a confessare e pentirsi di tutto il male che avevamo fatto e i peccati che avevamo commesso che avevano condannato Gesu` a morire in Croce.  Punteggiava il discorso descrivendo come i chiodi della Croce aveva trapassato le mani e i piedi di Cristo.

Il Padre ci esortava ad osservare i Precetti della Chiesa e fare penitenze se non volevamo essere condannati  a una vita eterna di pene tra le fiamme dell'inferno. La sua voce tonante rimbombava cupa nella chiesa semibuia. Alle parole del predicatore le  vecchiette si segnavano e si stringevano lo scialle attorno  come per ripararsi da un oscuro male  gli uomini facevano finta di niente ma si vedeva negli occhi che anche a loro  aveva messo un pò di paura.

Lasciamo stare  poi quel che faceva a me e altre ragazze come me la visione di ardere tra le fiamme dell’inferno,o inchiodare Gesu `sulla Croce. 

Scrutavo la  mente  in cerca di tutti i gravi peccati che avevo commesso come rubare un pizzico di zucchero quando mamma non c'era e metterlo su un cantuccio di pane bagnato. O forse la gelosia che avevo provato quando una delle amichette aveva il vestito più bello del mio. Questi erano gravi peccati contro la Legge di Dio e dovevano essere confessati. Cosi diceva il padre predicatore.

Sapevo che la Penitenza sarebbe stata almeno 10 Pater Ave e Gloria da recitare devotamente inginocchiata ai gradini dell’altare . 

Ora  stento a credere che le anime presenti nella chiesa avessero peccato tanto da essere condannate alle pene eterne.

Non tutti i fedeli si sedevano dinanzi al pulpito. Le ragazze che venivano tardi dopo che la predica era cominciata si fermavano nel retro della chiesa vicino la porticina laterale che era poco illuminata per non disturbare. A volte qualche ragazzo si fermava a scambiare qualche parola.

Invariabilmente qualche comare intrigante vedeva le ragazze parlare e lo riferiva alle mamme e biasimare la sfrontata gioventu.`

La sera dopo le ragazze sedevano brave brave di fronte al pulpito bene illuminato davanti alle mamme.  

Il rito della predica durava, se ricordo bene, fino al Giovedi Santo. L'ultima sera era il culmine per il Predicatore. Aveva preparato la sua predica con cura e anche meglio  delle sere precedenti. Era l'ultima opportunita' che aveva per atterrire i fedeli e lui ci  metteva tutta l'anima, cuore e vocione.

Con voce che rimbombava in tutta la chiesa ripassava fervidamente le prediche  delle sere precedenti.

Ogni tanto faceva una lunga pausa. Girava lo sguardo su tutti i fedeli, ruotava  le sopracciglia e si accarezzava il barbone  poi stendeva un braccio e col dito puntava su tutti, gridava che erano stati tutti i nostri peccati a causare la  morte di Cristo Signore.

Era come se tutte le anime presenti erano unicamente responsabili per ogni chiodo che aveva trapassato il corpo di Gesu'. 

Il giorno dopo le file dei fedeli per la confessione  erano tante lunghe che necessitavano due padri confessori. Il predicatore aveva  fatto il suo dovere.

 

Delia Socci Skidmore  3/23/2008

 

 

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