10 marzo 2002
La Visione di Frate Alberico L'opera e' divisa in 44 capitoletti che possono essere ragiunti tramite gli indici che seguono. Con il top si torna ad inizio pagina. In altre pagine del sito vi sono studi, articoli, e recensioni di un libro dedicato a frate Alberico ed alla Visione della Professoressa Maria Cedrone, Settefratese. dunque nelle parti della Campagna, in una certa Provincia v'ha un Castello, che dagli abitanti chiamasi de' SETTE FRATELLI, perché ivi esiste una Chiesa consacrata sotto questo titolo. In questo luogo fu un figlio di un nobile Militare, per nome ALBERICO, il qual fanciullo (nel principio dell'anno decimo della sua età) sorpreso da languidezza, s'infermò gravemente; nel qual tempo per nove giorni, e per altrettante notti rimase immobile, e senza senso, come se fosse un morto. In questo giro di giorni ebbe un'ammirabile Visione; Egli narrò:
Un certo candido Uccello, simile ad una Colomba, si avvicinò a me e insirendo il di lui rostro nella mia bocca, mi accorgeva, che ne sortiva un non s che, e di poi prendendomi per le chiome del capo m'incominciò a trasportare in alto,vale a dire, sopra terra, quanto è alta la statura di un uomo. Allora mi apparvero unitamente il Beato Pietro Apostolo, e due Angeli, uno de' quali chiamavasi Emanuele, e l'altro Helos, che conducendomi insieme incominciarono a mostrarmi i luoghi delle pene, e dell'Inferno. Pertanto in primo luogo vidi un certo sito, che avvampava di bragie di fuoco, e da vapori d'incendio, in cui venivan purgate le anime de' Bambini di un anno Ed allora il Beato Pietro Apostolo che era il condottiere del mio viaggio, e l'interprete delle mie Visioni, mi disse, "Non volerti aspettare, che tu sii per veder prima i maggiori tormenti, ma bensì i minori. Poiché sono adattate le pene all'età dell'uomo, e in esse dee considerarsi la stessa proporzione. L'uomo è prima un Bambino; poi cresce, giungne all'adolescenza, sale alla robustezza giovanile; ed a poco a poco indebolendosi s'incammina alla vecchiaia; e per tutti i gradi del viver suo, si accresce il cumulo de' suoi delitti. Cosí del pari nelle pene i Fanciulli piú leggerrmente, di piú i Garzoncelli, piú gravemente i Giovani sono puniti; finchè venendo a poco a poco a diminuirsi i peccati con i lunghi suplizi, anche la pena venga in certo modo a indebolirsi per una specie di vechiezza. Molti poi vi sono, i quali stimano, che i Bambini ed i Fanciulli non abbiano alcuna colpa, e che perció morendo non sieno oggetti ad alcuna pena: ma non cosí dee giudicarsi. Poiché neppur un Bambino, anche di un sol giorno, è senza peccato. Spesso i medesimi, o disgustano la Madre, o percuotendola nel voto, o per altri incidenti dell'umana fragilità, non possono esser del tutto privi di colpa. Pertanto i Fanciulli di un anno son purgati in questo fuoco per sette giorni, que' di due, quattordici, e così di mano in mano. Questa pena poi chiamasi Prudenza".
Dicendo queste cose l'Apostolo, mi mostrò una Valle terribile, in cui osservai innumerabili persone, quasi di ghiaccio congelato, e di altezza sì grande, che appena poteva giugnere a vedere cogli occhi le loro teste. Ma però il gelo, il freddo, ed il ghiaccio, consumavano le anime di quest'infelici, come consumerebbonsi nel fuoco. Vidi molti di loro sommersi fino ai talloni; altri fino alle ginnocchia, o a' fianchi; ed alcuni fino al petto, secondo la qualità del peccato. Vidi poi degli altri innodati da maggiori colpe, essere assisi nelle sommità, ed i quali mi disse il Beato Pietro, essere adulteri, incestuosi, stupratori, o addetti a lusuriose Concubine, e caduti in gravi falli di fornicazione. Indi passai in altra Valle molto piú terribile, piena di alberi sottilissimi, a guisa di Aste di sessanta braccia di longhezza, tutte le cime de' quali erano come pertiche acutissime, e spinose. Da esse vidi pendenti varie Donne con le poppe trafitte, e due Serpenti succhiavano le mammelle di ciascheduna Quali Donne, mi disse il Beato Pietro, che eran quelle, che avean ricusato di allatare gli orfani, e privi di Madre; o che avendo finto di dar loro il latte, non lo dettero in realtà. Imperciocché spesso addiviene, che qualche Bambino, orfano di Madre, rimanga in mano di qualche parente, che bramando di salvarlo, lo abbia dato a nutrire alle vicine, o ad altre Donne. Ed alcune di esse prive di compassione ricusano di allevarli. Altre, come ho accennato, promettendo di allattarli, con inganno fanno morir di fame il Bambino; che non potendo che piangere, e vagire, i parenti, che suppongono essere sufficientemente nutrito di latte, ignorano la cagione della sua morte. Della qual reità non credendo le Donne di avere colpa veruna, neppure se ne accusano al Confessore; e perció ne pagano questa pena. Nella stessa Valle vidi ancora altre Donne sospese per i capelli, essere brugiate da fiamme ardenti; delle quali mi fu detto, che soffrono tale gastigo, perché avendo macchiato il Toro coniugale, e violata la fede de' lor Mariti, aveano commesso degli adulteri.
Dopo di queste cose, vidi una Scala di ferro di trecento sessantacinque cubiti di lunghezza, ardente e vomitante fiamme in tal maniera, come allorquando si cava il ferro rovente dalla fornace. A' piedi di essa, bolliva fortemente un gran Vaso pieno di olio, di pece, e di catrame. I piedi di coloro, che salivano, e scendevano per questa Scala, brugiavansi sopra que' gradini infuocati; e mentre cadevano in quel Vaso di fuoco, ardevano piú che mai. Allora disse il Beato Pietro Apostolo, "costoro, che vedi cossì tormentati, son quelli, che nelle Domeniche, e nelle Feste de' Santi, e ne' giorni principali di digiuno, non si sono curati di astenersi da' piaceri carnali, e delle loro mogli". Impercioché vi sono molti, i quali credono di poter in ogni tempo sfogarsi lecitamente, e senza colpa con le loro Consorti. Ma però in tali giorni conviene onninamente astenersi dal loro consorzio; affinché operando in simil guisa, coloro, che si vantano di esser Cristiani, simili non sieno al Cavallo, ed al Mulo. Ma i giusti, che in questi giorni seppero contenersi, distribuirono dell'elemosine, fecero opere di misericordia verso i carcerati, ed i tribolati, o seppelirono i morti, non veggono, e non soffrono questo tormento. Ma per altri peccati pagheranno altre pene. Imperciocché tutti quelli che si dicono giusti, non sono tali perfettamente; ma sono esenti soltanto da alcune colpe; ed essendo diverse le specie delle pene, non ogni peccatore le vede, o le soffre tutte; ma quelle soltanto, che merita per la qualità del suo peccato. Poiché ogni peccato ha una pena propria deputata.
Dopo di queste parole, vidi moltissimi globi di fuoco, e fiamme sulfuree, come di una gran fornace, sopra delle quali udii l'Apostolo, che mi diceva, "in mezzo a questi incendi punisconsi i Padroni, che, non come tali governarono le persone loro soggette, ma come crudeli Tirranni, e li afflissero con molte ingiustizie, e calunnie. Questi stando d'innanzi a loro, li rimproverano dicendo; voi ci avete fatto i tali, e tali aggravi". In questi medesimi incendi vengono arse le pessime Donne, omicide delle proprie viscere, le quali con varie stregherìe, e medicamenti uccidono i loro Figliuoli, prima della lor nascita, e cercano di abortire con qualche artificio. I medesimi stando avanti di esse dicono, "voi con le vostre sceleratezze ci avete tolta la vita, e la salute dell'anima". Benché poi questi Bambini sembrano esser figli delle medesime, nondimeno non sono i medesimi; ma bensi spiriti maligni, che si presentano in loro sembianza. Poiché i Demoni sogliono trasformarsi in varie specie, e figure di Uomini, e di Bestie, o di altre cose, per tormentare le anime degli Uomini in varie guise.
Poi vidi un gran luogo, tutto pieno, come sembravami, di sangue. Ma mi disse l'Apostolo, che non era sangue ma fuoco destinato a bruciare gli Omicidiari, e quelli che portan odio. Ma ritiene questa somiglianza per l'effusione del sangue. Mi disse, "l'Omicida, morto impenitente, porta un maligno spirito in figura di quello, che ha ucciso, sospeso al collo per un triennio; e così poi staccato da lui, si sommerge ad esser tormentato in questo luogo".
Vidi un altro supplizio di piú gravi delitti, che sentii chiamarsi Covinio, e che è a guisa di un Vase d'immensa lunghezza, e vastità. Sembrava di essere, ed era in realtà pieno di bronzo, di stagno, di piombo, di solfo, e di ragia; di modo che liquefacendosi, e mischiandosi tutto insieme, bolliva sopra il fuoco, come l'olio nella padella. In questo Vase da una parte teneva il capo un Cavallo, tutto di fuoco, di sessanta passi di lunghezza, di trenta di altezza, e di venti di grossezza. Dall'altra parte per una certa Porticella entravano le anime, che ivi doveano insanguinarsi. Osservandosi ciò da me con sommo spavento, mi disse il Beato Pietro Apostolo, "a questo tormento son destinati i Parrocchiani di qualunque Chiesa, i quali sapendo, che il lor Sacerdote era adultero, spergiuro, e scomunicato, soffrivano senza ricorso la di lui iniquità, e talvolta ancor lo difendevano, ed acconsentendo alle di lui mancanze, andavano ad ascoltare le di lui prediche". Imperciocché se fosse stato reo di colpa di un solo adulterio, forse la di lui Parrocchia non sarebbe stata soggetta a tanto scandalo. Ma suole accadere, che dall'adulterio cada nello spergiurio, e nella scomunica; e cosí viene a verificarsi ciò, che si trova scritto, e chi e immerso nel fango, piú che mai si contamina. Perció i Parrocchiani, come ho avvertito, son puniti con questo supplizio per tre anni, ma non gia tutti, perché non tutti si acconsentevano. Il Signore poi, o il Patrono della Chiesa, quantunque ingiustamente la possenga, perché esser non deve di sua giurisdizione, se chiuderà gli occhi a queste mancanze del suo Curato, patirà per ciò sessanta anni. Ma il Vescovo, il quale non ignora, il suo Sacerdote essere immerso in tali sceleratezze, e che non solo non lo ammonisce, ma di piú gli comparte qualche premio, o regalo, rimane soggetto a questo tormento per anni ottanta. Imperciocché trovansi nelle Città due Chiese, nelle quali un Sacerdote è buono, giusto, casto, pudico, timorato di Dio, premuroso della cura della sua anima, che instruisce il Popolo commesso alla di lui custodia, lo ammonisce, lo riprende, lo scomunica, ed impone ai delinquenti la penitenza, secondo la qualità della loro colpa. Ma quelli, che non hanno zelo per la cura delle anime loro affidate, e mostrano di aver a nausea, e rigettano quelle istruzioni, che loro si danno dal Sacerdote, e disprezzano la penitenza, che loro si ingiunge. Al contrario un altro, perché egli stesso è un adultero, uno spergiurio, ed un sagrilego, non riprende il Popolo commesso alla di lui cura, non lo scomunica, e trascura d'imporre la penitenza ai peccatori, secondo la qualità della colpa, e fa passare per leggiere le colpe gravi, affine di far credere leggiere le colpe, ch'egli stesso commette: perció i viziosi non opponendosi al lor Parroco, lo frequentano, ascoltano la sua Messa, e lasciano perció il buono, e zelante, perché li riprende, e loro impone una grave penitenza; onde volentieri si accostano al cattivo, perché non gli sgrida, né da loro esige una grave penitenza; costoro non ricevono il Profeta in nome del Profeta, ma il Peccatore in nome del Peccatore. I Parrocchiani poi difendono il Parroco scandoloso, per restare in libertà di eseguire impunemente le loro mancanze. Ma l'officio, che da lui sentono, e la penitenza, che loro impone, non serve loro di salvazione, ma di condanna. Altri poi perció difendono il Parroco scorretto, affinché non riprenda i loro vizi e sceleraggini. Ma quelli, che intervengono al di lui officio, e lo rispettano soltanto per causa del timor di Dio, non soggiacciono a questo tormento, ed ascoltano questo Profeta in nome del Profeta. Alcuni poi quando vanno a confessarsi, cercano un Sacerdote vizioso, che non sia loro per imporre una grave penitenza. Poiché, se mai volesse imporla, gli rinfaccierebbono le colpe commesse da lui medesimo. Ma quelli che ricevon la penitenza da un buon Sacerdote, si salvano. Ne è da maravigliarsi, che tutti soggiacciano alla stessa pena. Imperciocché si trova scritto, che un'ugual pena conviene, non meno a chi opera, che a chi acconsente. Tutti quelli poi, che qui vengono a cadere, non possono uscire in altra guisa, se non che trapassando nel Ventre del Cavallo, per uscire quindi dal di lui tergo.
Dopo tutte queste cose, sono stato condotto ai Luoghi Tartarei, ed alla bocca del Baratro Infernale, che sembrave simile ad un Pozzo. Questi luoghi erano pieni di orride tenebre, di fetide esalazioni, di strida, e di urli eccessivi. Presso di questo Inferno era un Verme di smisurata grandezza, legato con una grandissima catena, un capo della quale sembrava esser fermato nell'inferno. Innanzi la bocca di questo Verme stava un gran moltitudine di anime, che tutte assorbiva unitamente, a guisa di mosche; di modo che tirando il fiato, le inghiottiva tutte insieme; respirando poi, le rigettava tutte infuocate, come tante faville. Ciò poi seguita a farsi, finché resti purgato il peccato, a cui tocca questa pena. E cosí si adempie la Profezia; "il loro Verme non morrà; il fuoco non resterà estinto". Vidi ancora i tormenti, che erano preparati ai Peccatori, nel circuito dell'Inferno. Mi disse inoltre l'Apostolo in quelle tenebre, dove è l'Inferno, "ivi son rilegati Giuda, Anna, Caifasso, ed Erode". Non mi ricordo però, se mi dicesse, che erano situati nelle tenebre, ovvero nell'Inferno. Erano però talmente dense, e folte le tenebre, che in verun modo potea giugnersi a veder nulla. Ma sentiva gli urli e le strida piú spaventevoli, e mi disse l'Apostolo, che i Peccatori, che ivi trovansi, non saran giudicati, ma che periranno senza giudizio.
Dopo queste cose vidi una Valle in cui era un gran Lago, tutto rubicondo, come se fusse metallo liquefatto, con onde, che faceano molto strepido, e che ora in alto, ora in basso vomitava fiamme, nel quale i Sacrilegi rimanevan brugiati.
Vidi ancora la gran bocca del Pozzo, che gittava fiamme ora di sopra, ed ora di sotto. Sopra di che sentii l'Apostolo, che mi diceva, "in questi incendi ardono i Simoniaci, che vendono, o comprano le cose sacre".
Poscia vidi un'orrido, e tenebroso luogo, di alto pestifero, e con fiamme stridenti, ripieno di Serpenti, e di Draghi, fra strida, ed urli terribili, che mi spiegò l'Apostolo, essere preparato per quelli, che abbandonarono l'Ordine Ecclesiastico, e che, dimessa la regola monastica, sono tornati al secolo ed agli eterni gaudi anteposero le delizie di una vita trasitoria, e fugace; quelli, che disperarono della salute per i loro peccati; quelli che furono spergiuri; quelli che commisero adulteri, sacrilegi, falso testimonio,ed altri delitti, e n'ebbero la penitenza, ma non ne ricavarono frutto. Onde vengono purgati secondo la qualità de' delitti commessi. Sono ivi però cruciati, fino a tanto che restino purgati dalle lor colpe, per cui soffrono quella pena; e vi restan purgati, come l'oro nella fornace. Imperciocché, mentre si depura l'oro, se vi resta mischiato qualche scoria di stagno, di piombo, di bronzo, o di qualunque altra specie, tutto seguita a cuocersi, finché resti purgato intieramente da ogni sozzura; e cosí si adempie ciò che si legge scritto, "il fuoco proverà, quali sieno le opere di ciascuno".
In appresso l'Apostolo mi mostrò un gran Lago oscuro, e pieno di acqua sulfurea piena di Serpenti e di Scorpioni, nel quale era sommersa una moltitudine di anime. Ivi restavano de' Demoni, i quali tenendo in mano i Serpenti, sbattevano I volti, e le teste degli Uomini contro quelle de' Serpenti; e mi disse l'Apostolo, "questi esser detrattori, e che fecero da falsi testimoni".
Parimente vidi due maligni Spiriti in figura di Cane, e di Leone, dalla bocca de' quali sortiva un vento infuocato, e sulfureo, dal quale si scorgeva, che venivano ad aver principio, e ad essere accesi tutti i tormenti, che sono fuordell'Inferno. Poiché spingevano con la forza del loro soffio tutte le anime, che loro stavan dinanzi, alla loro pena, nello stesso modo, come quando un turbine veemente inalza la polvere dalla faccia della terra.
Frattanto stando io presso le Porte dell'Inferno,non vedeva piú la Colomba, che mi portava per I capelli; perció tremai con gran paura, e subito innalzando gli occhi vidi un Uccello di gran mole, e bellezza, che volava di sopra, portando sotto le sue ale un certo Monaco veterano, di picciola statura, come mi sembrava; ed essendo giunto su quelle ignivome, e squallide tenebre, dall'alto lo fece cadere in mezzo a quegl'incendi. Ma di repente lo stesso Uccello svolazzando, e ritogliendolo dalle loro mani, lo ricondusse in aria. Allora, mentre io osservava queste cose, mi disse il Beato Pietro Apostolo. "Aspettami in questo luogo, acciocché io vada ad aprir la porta del Cielo a quel Servo di Dio". Ed essendo io rimasto sbigottito cogli Angeli, uno di quegli tartarei Ministri, di orrido, ed ispido aspetto, e di enorme statura, venendomi incontro frettolosamente, sforzavasi a spingermi, ed a nuocermi, piú che potesse. Ecco però l' Apostolo accorrendo velocemente in mia difesa, e prontamente aiutandomi, mi trasportò in un luogo di una gloriosa Visione. Ma io spaventato gridava per la paura di morire; ma il Beato Pietro Apostolo mi disse, "non temere, perché ora non morrai; ma pria ritorna indietro, e fa ciò, che devi fare, e cosí poscia verrai quà". Ma che cosa dovessi fare, non mi fu spiegato
Vidi ancora alcuni Uomini ignudi, avvinti nel collo, nelle mani, e ne' piedi da catene cosí infuocate, e scintillanti come il ferro rovente, che cavasi dalla Fornace. Pendevano poi dalle catene, che stringevano le loro gole, delle masse di ferro ardente, cosí pesanti, che non era loro permesso di alzar mai la testa. Questi poi, mi disse l'Apostolo, "che erano Ladri, e Rapinanti".
Stando adunque nello stesso campo vidi scaturire dall'Inferno un gran fiume di pece ardente, in mezzo del quale si ergeva un Ponte di ferro di estesa larghezza, pel qual Ponte le anime de' giusti trapassano tanto piú facilmente, e velocemente, quanto piú si riconoscono esenti da colpe; per quelli poi, che sono gravati dal peso de' peccati, allorche son giunti nel mezzo, si assotiglia talmente, che la di lui larghezza sembra ridursi a quella di un semplice filo. Dalla qual difficoltà restando eglino impediti, precipitano entro il medesimo Fiume; e di nuovo innalzandosi, e di nuovo ricadendosi, seguitano ad esser ivi tormentati, fintanto che restino cotti, a guisa di carni lesse, e poi rimanendo purgati abbiano il libero permesso di passare il Ponte. Questo sito poi, secondo l'insegnamento dell'Apostolo, conobbi avere il nome di Purgatorio.
Soggiunse inoltre l'Apostolo, "niuno disperar dee per la grandezza delle sue colpe, perché tutte possono espiarsi con la penitenza". Ciò mi fu confermato dall' Apostolo col seguente esempio Fuvvi un potentissimo Uomo, ricolmo di ogni viziosa sozzura. Egli dedito sovercchiamente alla lussuria, desiderò per lungo tempo al possesso della Moglie di uno. Ma non poté mai, per la costante opposizione dell'onesta Donna, soddisfare al suo appetito. Poiché la Femmina avea risoluto, di conservare illibata la sua castità all'Onnipotente Iddio, ed intatta la fede al suo Sposo, essendo molti vergini di corpo, ma non di spirito, giusta il detto evangelico, "chi guarderà con concupiscenza la Donna altrui, di già ha peccato." Imperciocché che giova custodire la verginità nella carne, e perderla nel cuore? altri poi vi sono che non hanno la verginità della carne, ma che nondimeno custodiscono la castità. Accadde poi, che il Marito della femmina indicata fusse fatto schiavo da' Saraceni. La virtuosa Consorte per alleggerire la dura sua condizione, spese, ed impiegò tutto quello, che possedeva. Finalmente non avendo piú che vendere, e non sapendo, ove rivolgersi, se ne andò dal ricco, che l'avea fin allora amata con prava intenzione, e gli disse, "io, o potentissimo Signore, avendo promesso al sommo Iddio di conservare intatta la mia castità, non ho mai voluto finora acconsentire alle tue brame. Ma perché non ho il modo di liberare il mio Sposo dalla Schiavitù, e non mi resta piú verun mezzo da poterlo aiutare, ora ricorro alla tua benignità, e per liberar mio Marito, vengo a darmi in tuo potere, ed a soddisfare le tue voglie, e ti prego, giacché nulla volesti darmi per amor di Dio, a volere almeno somministrare per amor mio la somma, che io devo pagare per la liberazione del mio sposo". Il ricco, nell'udir questo discorso, incominciò a tremare, e ricordandosi delle sue passate malvaggità, ne pianse amaramente; e chiedendo alla Donna ciò, che era necessario pel riscatto del suo Consorte, le ne fece generosamente lo sborso, senza voler in verun modo abusare della medesima. Inoltre da quel punto in poi incominciò ad astenersi da ogni sorte di vizio, in modo tale, che giunse a meritare da' suoi sudditti la piú grande stima, e ammirazione. Accade frattanto, che un tal servo di Dio, che menava in un eremo vita solitaria, supplicasse l'Onnipotente Iddio, che si degnasse di significargli, a chi sarebbe assomigliato nella vita futura. Questa fu risposta, che gli fu data dal Cielo Se vuoi conoscere, a chi dovrai somigliare, sappi che sarà quel ricco. Avendo ciò sentito l'Eremita, ne restò contristato, ed incominciò a dire tacitamente fra di sé "Io, che gia pel corso di tanti anni ho servito Gesù Cristo, ora dovrò essere paragonato a quel ricco?". Dopo di aver cosí detto, scendendo dall'Eremo verso la Città giunse alla Casa del ricco. Ed avendolo veduto circondato di gloria con una Corte numerosa di ministri, e di servi, restò stupito. Ma innoltrandosi piú addentro incominciò ad esplorare, qual bene avesse mai fatto quel ricco? Egli risposegli, essere caduto in molti peccati, e di non aver mai operato alcun bene. Allora l'Eremita piú che mai lo, pregò a non temere di confidargli, qualunque bene avesse mai fatto in vita sua. In seguito il ricco essendosi rammentato i tentativi fatti per espugnare la virtù di quella Donna, e come poi si era con lei condotto, tutto fedelmente gli riferì. Dopo di avergli fatta quest'ingenua confessione, il buon Eremita tornò al suo eremitaggio. Ne tardò molto,che il ricco si appressò al termine de' suoi giorni. Avendo ciò saputo l'Eremita, torno all sua Casa. Appena spirato il ricco, il servo di Dio vide un Demonio, ed un Angelo ognum de' quali si affrettava di afferrare la sua anima. Allora il Demonio asserì, che il ricco mai avea operato nulla di buono; e tosto presentò all'Angelo del Signore un gran Libro, in cui eran descritti tutti i suoi peccati. Avendolo aperto, secondo il comando avutone dall'Angelo, sembrò al Servo di Dio, che stava di sopra, che l'Angelo del Signore tenesse rinchiuse in un'Ampolla le lacrime sparse da quel ricco per la prigionia del Marito di quella Donna, ed in pentimento delle sue colpe, e che spargesse una porzione di queste lacrime sopra le pagine di quel Libro. Dopo di aver ciò fatto, comandò al Demonio che chiudesse il Libro, e poi lo riaprisse; ed essendo stato da lui chiuso, ed aperto, trovò cassata la terza parte delle colpe. Essendosi, poi ciò replicato per tre volte, si trovarono cancellati tutti i peccati del ricco che per questa cagione fu destinato all'eterno godimento di una vita beata. Poiché in lui trovaronsi i meriti della penitenza, del martirio, e dell'elemosina: della penitenza, perché si pentì de' suoi trascorsi, e si astenne dal commetterne de' nuovi; del martirio, perche sostenne con fortezza di spirito le passioni, e le tentazioni della carne; dell'elemosina, mentre somministrò alla Donna il danaro occorrente pel riscatto del suo Marito. Poiché la vera, e salutar penitenza consiste nel pentirsi di cuore, nel piangere le commesse mancanze, e nell'astenersi dal ricadervi.
Dopo che l'Apostolo mi avea riferite queste cose, mi .mostrò un vastissimo Campo, che per quanto mi disse, non potea trascorrersi, che nello spazio di tre giorni, e di tre notti intiere, ed era ricoperto da si densa, e folta quantità di triboli, e di spine, che non appariva, essersi potuto imprimere sopra di quelle punte vestigio di piede alcuno. In questo Campo stava un Drago smisuratissimo, a cui avendo imposto il Demonio la sella ed il freno, e reggendo con la mano il Serpente, a foggia di un Soldato, cavalcava sopra di lui. Egli poi perseguitava qualunque anima, che fusse capitata in quel Campo, e se arrivava a raggiungnerla, ed a toccarla, la percuoteva con quel Serpente. Con tal corso l'Anima si affatica per gli aculci di quelle spine, finché ripurgata da' peccati si renda più veloce la sua fuga, e piú sollecitamente fugga il nemico, che la perseguita.
Quando poi non è piú in pericolo di esser da lui percossa, allora passa in un amenissimo Campo, ove passeggiando, tutte le membra, e le vesti, che sembravano squarciate, e lacerate nel passaggio di quell'asprissimo Campo, tornano a sanarsi, ed a riunirsi. Al di lei ingresso, tutte le anime de' giusti, che ivi riposano, alzandosi in piedi, riverentemente s'inchinano, e innalzano a Dio gli occhi, e le mani, gli rendono umili grazie, perché si è degnato di sottrarle dalla podestà del nemico, e di condurle a quel refrigerio. Quanto poi questo Campo sia splendido, soave, ed adorno, di quanta grandezza, di quanta gloria, e di quanta bellezza, non v'ha lingua, o discorso, che possa bastantemente spiegarlo.Imperciocché è ricolmo di ogni giocondità, di ogni gaudio e di ogni allegrezza. Ivi ridonda un soavissimo odore di gigli, e di rose; ivi spira una fragranza di tutti i profumi; ivi scorre l'abbondanza della manna, e di tutte le sovrumane, ed eterne delizie. In mezzo a questo Campo e situato il Paradiso, nel quale le anime de' giusti possono entrare fino al giorno del giudizio.
Ma all'intorno di questo Campo, il Coro de' Santi Angeli, e di tutti gli altri Santi, che sono nel sesto Cielo, non saran giudicati; lo saranno bensi quelli soltanto, che stanno nel circuito del Paradiso.
Mi disse poi l'Apostolo Pietro, che il beatissimo Benedetto, Benché sia nel numero de' Confessori, nondimeno gode di una gloria maggiore di quell degli altri; e tutti coloro, che hanno seguitato senza verun inciampo i di lui precetti, stanno uniti al medesimo. Ma la loro gloria, soggiunse l'Apostolo, non è simile alla gloria degli Uomini. Imperciocché questa ora sazia, ed ora si converte anche in nausea. Ma la gloria di Dio quanto piú riempie le anime de' giusti, tanto piú divengono sitibondi. Cosí poi erano disposti nel medesimo Campo, a proporzione de' loro meriti, come lo sono nella gloria i Cori degli Apostoli, poi de' Martiri, in appresso de' Confessori, e tutti gli altri Santi.
Mostrommi ancora l'Apostolo nel medesimo Campo un Coro di Monaci, risplendente sopra tutti gli altri di una gloria inapprezzabile, dicendomi, essere stata loro accordata gloria sì grande in premio della loro umiltà. Poi intraprese a ragionarmi dell'obbedienza, e della vita de' Monaci in questo modo. I Monaci convertiti, debbono disprezzare la lor volontà, rinunziare al Demonio, ed alle di lui pompe, abbandonare i piaceri, e le cose caduche, e fugaci del Mondo, e staccarsi specialmente da quegli attinenti, che loro sono d'inciampo, e di ostacolo ad affretarsi al servizio di Gesù Cristo, essendo necessario, che essendosi ritirati nel Monastero, seguitino gli esempi di Cristo, e degli Apostoli. Queste sono le cose, che debbono di continuo avere dinanzi agli occhi, perché Cristo perció venne al Mondo, per rendersi scorta, aiuto, ed esempio de' Servi suoi. Poiché senza di lui non possiamo giugnere al regno celeste, essendo egli divenuto obbediente per noi a Dio Padre, fino alla morte.
Imperciocché siccome Cristo sostenne le ingiurie, e la persecuzione de' Giudei, così ancor quelli, che professano la santa Religione, devono sostenere pazientemente qualunque ingiuria per la speranza di un premio eterno. Ricevano pertanto con umiltà l'obbedienza, che dall'Abate vien loro imposta, e si guardino dalla superbia. Poiché, come il Demonio per la superbia cadde dal Cielo, così fa d'uopo, che vi salgano i Monaci per mezzo dell'umiltà. Debbono poi ricevere l'obbedienza dal loro Abate con quell'ilarità, con la quale un Viandante riceve da qualcuno il dono di una veste. E come suol ratristarsi, chiunque si vede dal Padrone scacciato dal suo Patrimonio, e si rallegra, tosto che lo riacquista; così anche il Monaco dee godere, mentre riceve l'obbedienza. Quegli gode per una cosa transitoria; ma i Monaci debbon godere, perché in virtù dell'obedienza giungono al possesso di godimenti, che non saranno per aver mai fine.
Ma dopo che avran fatta l'obbedienza, non pensino piú a quel, che fecero; fuggano la vanagloria, si guardino dalle astuzie diaboliche, schivino la noia, e non si rivolgano indietro giammai. Poiché il Demonio con questi perversi pensieri suol supplantare molti Monaci, i quali dicono. Abbiam gia servito a Dio per molti anni, abbiam fedelmente eseguite le obbedienze a noi prescritte; ormai sarebbe tempo, di riposare dalle nostre fatiche, e di menare una vita commoda, e tranquilla. Ma non così debbono condursi. Imperciocchè, come il Viandante deve usare ogni sforzo, e premura per affrettarsi di tornare alla sua Casa, e non guarda mai indietro, ma sempre desidera avanzarsi, e di giugnere all'abitazione da lui lasciata; e chiunque in esilio, si rattrista, ed allorche gli vien permesso di ritornare, depone subito ogni tristezza, accelerando lieto, e festoso i suoi passi verso la Patria; cosí ancora i Monaci, posposte, e rinunziate le cose temporali, con maggior allegrezza di quella, che i seguaci del Mondo si studiano di conseguire de' beni fugaci, essi debbono affrettarsi di giugnere al possesso degli eterni.
Non cessino ancora di lavorare con le lor mani, per procacciarsi il modo di sollevare i poveri nelle loro necessità; affinché sieno degni di sentirsi dire un giorno da Gesù Cristo, "avevo fame; e mi avete dato da mangiare; avevo sete, e mi siete dato da bere". Pertanto la loro premura, ed impegno di lavorare non sia di oggetto di guadagno, o per mira di ammassare delle ricchezze, ma solo per sovvenire gl'indigenti. Combattono continuamente contro le loro concupiscenze, perché da queste nascono gli omicidi, e tutti gli altri delitti.
Monaci, che sanno resistere alla concupiscenza, ed ai vizi, ed essere continenti, divengono consimili ai Martiri. Imperciocché, come i Martiri resistettero ai Pagani, ed agl'Infedeli, e combatterono per Gesù Cristo fino all'effusione del sangue, ed alla morte; così anche i Monaci combattono contro il Demonio, contrastino fino alla morte contro la concupiscenza, i sordidi, ed impuri pensieri, la libidine, l'impudicizia, l'amore delle ricchezze, la ghiottoneria, e tutti gli altri peccati.
Que' Monaci poi, che così combattono contro la concupiscenza, sono uguali ai Martiri, e ne ricevono in perpetuo le corone. Sopra ogni cosa professino l'amor di Dio, e del Prossimo. Imperciocché come Cristo per la sua eccesiva carità, con la quale ci amò, per liberarci dalla morte, e donarci la vita, assoggettò se stesso alla morte; così i Monaci adempiano i precetti di Gesù Cristo e lo amino co' loro prossimi, come se stessi. Nè se conoscono di esser soggetti a qualche difetto, cerchino, che anche i lor prossimi non ne sieno esenti; ma bensì, se essi osservano i precetti di Dio, bramino, che sieno ugualmente adempiuti da' loro prossimi; e se sapranno, ch'essi patiscano infermità sprituali, o temporali, e le angustie della povertà, se ne dolgano, come le soffrissero anch'essi. Onde sovvengano i loro prossimi, come se stessi; facciano poi questo bene, non per vana gloria, o per amore terreno, ma in vista de' premi eterni, e sempre conservino una fede vera, e retta. Abbiamo ancora una certa fiducia della remission de' peccati. Sempre abbiano un salutar timore delle loro buone azioni; e non declinino giammai dal retto sentiere. Mi aggiunse ancora il Santo Apostolo quest'esempio. Si guardino i Monaci, egli mi disse, che lor non avvenga ciò, che suole accadere a molti viandanti. Talvolta i viaggiatori mentre camminano per la strada retta, incontrandosi a passare per una bella, e spaziosa campagna, scordandosi della loro meta, dicon fra di se, andiamo per questo Campo, ed ivi tratteniamoci a mangiare, e a dormire. Ma questo è a molti di gran danno. Poiché talvolta stando ivi a mangiare, e a dormire, sono sorpresi, ed assassinati da' nemici. Altri poi avendo deviato per andare a sollazzarsi per questo Campo, hanno poi stentato a ritrovare, e forse ancora non han piú rinvenuta la retta strada.
Temano pertanto i Monaci, di non peccare per troppa presunzione di non lasciare la via retta, di sopra indicata; e dicendo fra di se, "il Signore è misericordioso", e raccoglie "i penitenti", di non restare delusi da questa vana speranza. Badino di non tralasciare la Croce di Cristo, che portano su le spalle. Imperciocché molti piegando il lor cuore ai diletti della carne, han deviato dalla buona strada, e sono entrati per la via larga, e spaziosa, che conduce alla morte; ed accumulando peccati a peccati, convertirono in natura il vizio di peccare, ed appena giammai son rientrati in cammino. Poiché immersi per lungo tempo nel lezzo de' peccati, e differendo la lor conversione di giorno in giorno, cosí loro accade, come quelli, che sono sorpresi, ed uccisi da' Masnadieri. Imperciocché percossi da una morte subitanea, non poterono avere neppure un momento da pentirsi. Perció tema il Monaco di non peccare, sperando piú del dovere; perché il termine della vita umana è molto incerto; potendo finire dalla mattina alla sera, e dalla sera alla mattina. Che se i Monaci cadranno in qualche colpa, ricorrano immantinente alla confessione, ed alla corrispondente penitenza. Non solamente però i Monaci, ma eziando i Chierici, ed i Laici, che rinunziano ai piaceri del senso, e combattono contro la concupiscenza, e faticano con le loro mani; che battono la strada dell'obbedienza, dell'umiltà della fede, della speranza, della carità, e della castità, e di tutte le altre virtù; che si dedicano alla penitenza, ed alla conversion de' costumi, ed amano Iddio con tutto il cuore, ed i loro Prossimi, come se stessi. Questa strada li conduce dopo il fine della lor vita a questa beatudine, e gloria, che tu vedi, e degni si renderanno di sentire nel giorno estremo del giudizio finale, "Venite o figli benedetti dal Padre mio, entrate in possesso del mio Regno".
Lo stesso Campo mi sembrava altissimo, e quasi unito al Cielo, e la sua pianura era immensa. Il Paradiso custodito da' Cherubini, ov'è il Legno della Vita, e quello, di cui gustò Adamo, mi disse il Beato Apostolo Pietro, che chiamavasi Neptalim, de' nomi poi di qelli, che sono in Paradiso, non mi disse, che quelli di Abele, di Abramo, di Lazaro, e del buon Ladrone.
Inoltre mi mostrò intorno al Paradiso un Letto ornato di nobili, e splendidissime coperte, e due Sacerdoti fregiati di sacre vesti, che stavano co' turiboli dall'una, e dall'altra parte del Letto, nel quale vidi giacere uno, il di cui nome ascoltai dall'Apostolo ma mi vietò di dirlo ad alcuno.
Frattanto lo stesso Beato Apostolo incominciò a dirmi. Tre sono i peccati, per i quali principalmente suol pericolare, e perire l'uman genere, e che i Secolari poco, o nulla sogliono apprezzare; cioè la Gola, la Concupiscenza, e la Superbia. Ecco poi, come gli uomini periscono per questi tre vizi, da' quali derivano tutti gli altri. Per esempio, dalla gola nascono l'ingordigia, la cattiva concupiscenza, la fornicazione, ed altri mali di simil fatta. Il sensuale poi, odioso a Dio, ed agli uomini, ricausa di dar l'anima sua a Dio, ritiene le cose sue, rapisce le altrui, non fa elemosina, non si cura di sovvenire i tribolati, e quelli, che patiscono dalla necessità, se pure non sia qualcuno, di cui abbia soggezione. Dalla superbia poi nascono la vanagloria, il desiderio di dominare, la stima di se stesso, il disprezzo degli altri. Dalla superbia proviene l'ingiurìa, dall'ingiurìa l'odio, dall'odio l'omicidio. E cosí con questi tre peccati si uniscono tutti altri vizi.
Dopo di queste cose, conducendomi la Colomba, e gli Angeli col Beato Pietro, giunsi al primo Cielo, cioè Cielo è la Stella Meridiana; e sopra di questo è il corso della Luna, e non al di sotto, come sembra agli Uomini, la quale compie il suo giro in trenta giorni.
Il secondo dicesi etereo. Ivi è la stella di Marte.
Il terzo chiamasi sidereo, ov'è la Stella di Mercurio.
Il quarto appelasi Orleon, per cui il Sole fa il suo corso in trecento sessantacinque giorni
Il quinto nominasi Junio, in cui è la Stella di Giove.
Il sesto dicesi Venustion, ov'è la stella di Venere.
Il settimo chiamasi Anapecon, ed ivi è la Stella di Saturno, che compie il suo giro in trecento sessantacinque giorni, al pari del Sole; ed essa è quella, che da calore al Sole. Imperciocché siccome il Sole è temperato di mattina, e di sera, cosí seguirebbe in tutto il resto del giorno, se da questa Stella, che gli cammina di sopra, non ricevesse forza, e splendore. IL Trono di Dio è situato in questo supremo Cielo, ove avanti la gloria della sua maestà i Cherubini battendo le loro sei ale, non cessano di cantare Santo, Santo, Santo, Signore Iddio Sabaoth. Mi disse poi San Pietro, che questi Cherubini stando dinanzi a Dio nello stesso modo, con cui prima della creazione del Cielo, e della Terra, volava sopra le penne de' venti.
Nel sesto Cielo sono tutti i Cori de' Santi, degli Angeli, degli Arcangeli, de' Patriarchi, de' Profeti, degli Apostoli, de' Martiri, de' Confessori, e delle Vergini. Il Coro degli Apostoli è piú alto, e piú glorioso. Ma il Beato Pietro Apostolo siede in alto piú di tutti.. Gli Spiriti Angelici lodano, e pregano il loro Creatore con voci continue, ed incessanti; ma queste voci altro non sono, che l'espressione della loro volontà. Così trovandomi io nel primo Cielo, tutte le cose superiori, ed inferiori mi sembravano lucide, e trasparenti.
Poscia, secondo gli ordini dell'Apostolo, la Colomba m' Innalzò ad un certo luogo, circondato da altissime mura; e avendomi fermato sopra di esse, osservai le cose che stavano dentro. Ma mi fù comandato, che non le svelassi a veruno.
In seguito l'Apostolo mi condusse per le regioni di cinquantuno Provincie, cioè nelle parti di Arone, della Fenicia, della Mesopotamia, della Siria, della Palestina, della Comicina, Dell'Iria, dell'Apamea, della Macedonia, dell'Epirio, di Tarsia, della Lidia, dell'Asia, della Licia, Della Pamfilia, della Galizia, della Bitinia, della Paflagonia, della Cilicia, dell'Armenia maggiore, dell'Africa della Getulia, della Numidia, della Libia, della Mauritania, della Jamphepossedit, della Setifensis, della Spagna, della Bretagna, della Germania, del Belgio, della Gallia comata, della Gallia togata, della Gallia Cisalpina, della Gallia Transalpina, della Pannonia, del Piceno, dell'Etruria, dell'Umbria, della Flaminia, della Dalmazia, dell' Illirico, del Norico, della Citharnie, Scropos, Scrorpari, Michae, della Samaria. Mi mostrò i siti di tutte queste Provincie, e me ne indicò i nomi. Inoltre mi mostrò in varie Terre molti Oratori de' Santi, e luoghi venerabili, tra i quali ne riporto uno.
Pertanto in una di queste Provincie mi mostrò l' Apostolo una città deserta, i di cui muri sorgevano sopra terra all'altezza d'un palmo. In mezzo poi della città era una Chiesa distrutta, con un solo Altare superstite. Vidi avanti la stessa Chiesa passare velocemente una moltitudine di Fanciulli, e di Fanciulle, e di Uomini, di tetro, e nerissimo aspetto, che conducevano avanti di loro i suddetti Fanciulli, e li tormentavano con molte percosse. Essendo giunti avanti la Chiesa, desideravano di entrarvi, e di farsi il segno della santa Croce, col quale si liberassero da' Demoni; ma non potevano. Imperciocché li conducevano avanti di loro con impeto uguale al turbine, e alla tempesta. Mentre costoro eran passati, ascoltai nella città una gran voce, a guisa di uno, che piange, ed urla, ma non vidi la persona. Ma poi guardando, ècco una Femmina ignuda, che passa avanti la Chiesa, con le chiome sciolte fino a' piedi, con le calze fino a terra, e con due Cerei accesi nelle mani. Studiavasi di entrar in Chiesa, ma non poteva. Un altro poi fuggendo i suoi percussori, venne innanzi all'ltare; ed appena giunto, i Demoni incomiciarono a flagellarlo asprissimamente. Si sentivano poi i di lui gemiti, ed urli, che sembravano ululati di un Lupo. Vedendomi timoroso, e smarrito all'aspetto di queste cose, il Beato Pietro mi disse. Quelli, che vedesti in somiglianza di Fanciulli, e di Fanciulle, furono abitanti di questa Città, che per tutto il corso della lor vita non esercitarono, che furti, spergiuri, adulteri, e latrocini, venivano alla Chiesa, non per adorare il Signore, o per ascoltare la divina parola, ma per farvi delle liti, e delle contese. Se poi qualcun di loro entrava nella Chiesa appena fattosi il segno della Croce, tosto ne uscivano fuori. Adesso poi vorrebbono entrarvi, ed ivi rifugiarsi; ma ciò non è loro permesso. Gli uomini di tetro, e nerissimo aspetto, che li perseguitano con supplizi, li tormentano, sono Demoni. La voce luttuosa, che ascoltasti, fu del Padrone di questa Terra, che per tutta la sua vita è andato in traccia de' guadagni del Mondo, ed ha commesso spergiuri, omicidi, adulteri, falsi testimoni, liti, detrazioni, tradimenti, ed ogni altra specie di delitti. Ogni qualvolta poi veniva alla Chiesa, benché avesse ascoltato i divini precetti, si univa co' suoi Soldati ad opprimere i poveri, a commettere adulteri, a far de' spergiuri, a tor via la robba altrui, e ad esercitare varie altre iniquità. Ora poi che vorebbe entrare in Chiesa, per ivi trovar rifugio, ed asilo, in verun modo gli vien concesso. La Femmina poi, che vedesti, fu Padrona di questa Terra, che per tutto il tempo della sua vita non pensò mai al servizio di Dio. Ma tutte le sue cure consistevano di abbellire, ed ornare il suo Corpo, ed allettare gli Uomini, che la guardavano. I di lei Capelli calati, e sciolti fino ai piedi sono un fuoco, che la consuma. Le Calze, che porta, furono una volta da lei date ad un povero. E però Iddio per esse le ha accordato un po' di rifrigerio. I Cerei accesi, che tien nelle mani, non sono veri, e reali, ma apparenti. Imperciocché, finché visse, benché avesse grande abbondanza di cera, di olio, e di lucerne, pure mai pensò ad alimentare i lumi della Chiesa. Ed ora, che vorrebbe somministrarli, non le ne vien dato il permesso. Quell'uomo finalmente, che hai veduto castigare innanzi all'Altare, è il Parroco di quella Chiesa, che per tutta la sua vita trasandò d'istruire il gregge alla sua cura commesso, non occupandosi, che di adulteri, e di rapine. perció urla, a guisa di un Lupo; perché, come quest' Animale vive di creta, di vento, e di rapina, cosí questo, finché visse, avendo aspirato a lucri terreni, non ha amato che parole oziose, e rapine. Poiché quantunque la vita del Sacerdote debba impiegarsi nella parola di Dio, e nello studio della dottrina delle Scritture, nondimeno egli non si occupava, che di cose terrene; e quando predicava, non lo faceva con intenzione di lucrare delle anime, ma per involare la robba de' poveri. Talvolta, essendo egli immondo, ed adultero, per celare i suoi trascorsi, predicava con astuta ipocrisia quelle massime, che sapeva essere grate agli ascoltatori. Ma poi, siccome il solo Sacerdote, che studia le Scritture, puo parlar bene a proposito, e spargere un buon seme; cosí egli, che agognava a' soli terreni guadagni, insinuava delle cattive massime, che fecero perire molte anime. Onde ora per esse, e insiem con esse ne soffre la pena. Indarno però costoro, che tu vedi, bramano ora di fare il bene; ma non possono, siccome il ricco, che, mentre gli fu permesso di far del bene, non lo fece, e dopo che cadde nell'Inferno, smaniava di far del bene, di sollevare i Fratelli, ma piú non poteva.
Vidi poi nella Galazia una chiesa assai grande, tutto il di cui pavimento sembrava esser costrutto di metallo. La di lei volta, fatta a modo di Camera, era ornata di un bel Drappo istoriato. Sopra l' Altare era un altro panno per impedire, che potesse imbrattarsi ciò che stava di sotto. Entro la stessa Camera, sopra una Sechia di cristallo stava un Crocifisso d'inestimabil grandezza, e beltà, il quale, per quanto mi pareva, piangeva di continuo i peccati degli Uomini, e mi fu detto, che perció ogni giorno sparge lacrime, perché a dismisura sonosi aumentate le iniquità degli Uomini. E siccome le buone opere debbono gettare odore innanzi a Dio, cosí il fetore de' peccati sale fino a lui. Imperciocché al presente non son solo i Laici, ma ancora i Pontefici, i Vescovi, e tutti i Ministri della Chiesa, declinando dalla via della verità, attendono soltanto ai lucri, ed alle cure del secolo presente; e rade volte, per non dir quasi mai, pensano alla salute delle anime, che si perdono; e cosí tendendo gli uomini sempre al peggio, si moltiplicano i peccati. Questa Chiesa chiamasi di San Pandido.
Mi mostrò inoltre il Beato Pietro molti altri luoghi, e tormenti, e mi parlò di molte altre cose, dandomi delle istruzioni sopra l'antico Testamento. Mi svelò ancora molti peccati di persone ancor viventi, e m'ingiunse di riferir loro tutto ciò, che intorno ad essi avea ascoltato.
Per quanto potei rivelare, la statura del Beato Pietro né era molto lunga, né molto picciola, ma giusta, e mezzana, di complessa corporatura, di volto piuttosto grosso, col Capo asperso di canizie. Era vestito con una candidissima tonica, decorata intorna al petto, ed al collo, da un'aurea Collana. Portava sul capo una corona d'oro; e teneva nelle mani delle gran Chiavi, nelle quali sembrava incastrata ogni sorta di gemme le piú preziose. Di quale specie però, e di qual metallo fossero queste Chiavi, non potei comprenderlo.
Teneva ancora nelle mani una Carta di maravigliosa grandezza, che tutta era da capo a fondo scritta minutamente; ed avendomi mostrate tutte queste cose, la piegò, e la ridusse in modo di una picciolissima cartuccia, e la introdusse nella mia bocca, dicendo, non ti sia mai lecito di rigettarla in verun modo, ed il tuo sangue non arrivi mai a cancellarla. Ignoro pero, se realmente l'inghiottissi, ed entrasse nel mio corpo, o nò.
Finalmente mi disse, non tralasciare di presentare ogni anno alla mia Chiesa l'offerta di un Cereo benedetto, giusta la misura della tua statura; ed ora, appena sarai tornato, dovrai ornare con un Cereo l'Altare consacrato al mio nome. Dopo di ciò, non so in qual modo, e per qual mezzo, son rientrato in me stesso, in maniera però, che per qualche giorno restai talmente stupefatto, che neppure arrivava a riconoscere la mia propria Genitrice.
Dipoi vidi in sogno, in una certa Chiesetta di San Pietro, con mia Madre, che mi piangeva per morto, il Beato Paolo Apostolo, il quale staccandosi da un'immagine, in cui era dipinto, le diceva, non voler piangere; ma va, e presenta un'offerta per lui all'Altare del Beato Pietro, siccome egli stesso gli ha prescritto; ed immantimente riacquisterà la salute. Avendo io riferito questo sogno a mia Madre, tosto s'incamminò a presentare l'offerta in mio nome, come era stato ingiunto; e subito ricuperai intieramente i miei sensi.
9-1-08
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