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La
Magona di Canneto
La reale ferriera in Val Canneto
Breve storia dell'antica fonderia
l ferro, in Italia, divenne di
largo uso nella fabbricazione delle armi circa seicento anni prima della
nascita di Cristo e quindi cominciò ad avere grande importanza
politico-militare.
I giacimenti e le miniere di
Canneto erano conosciute fin dall’antichità e molti popoli si sono succeduti
nel loro possesso: i Pelasgi, gli Etruschi, i Volsci, i Sanniti, i Romani e
la loro occupazione è stata sempre contesa con aspre guerre che la storia ci
ha tramandato.
Virgilio, il maggior poeta
latino nato nel 70 a.C, nella sua ‘Eneide’ parla di ‘Atina potens’, Atina
possente, per la sua fiorente industria d’armi forgiate con il ferro delle
miniere del monte Meta.
Ma solo nel 1770, come afferma
il noto storico locale Mons.Dionigi Antonelli, abbiamo notizia di una loro
razionale utilizzazione a scopo industriale.
Il re Ferdinando I di Napoli
(1751-1825), dopo aver fatto effettuare accertamenti risultati positivi, fa
costruire, sulle mura di un antico monastero benedettino, la fonderia e nel
1781 la ferriera era pienamente funzionante, la materia prima abbondante,
notevole era la forza motrice idraulica ed altrettanto il combustibile per
l’alimentazione dell’altoforno destinato alla depurazione del materiale
terroso.
Ma nel 1799, a seguito delle
tristi vicende storiche che colpirono il Regno di
Napoli , dopo le
devastanti invasioni giacobine, il Governo rivoluzionario repubblicano
instauratosi decretò la chiusura con il conseguente abbandono della
struttura mineraria.
Le macchine, gli attrezzi e
finanche le tegole dei tetti furono trafugate.
Ma il Governo Borbonico non
abbandonerà mai l’idea di una riattivazione della ferriera infatti, nel
novembre del 1852, il sovrano Ferdinando II di Borbone (1810-1859), volendo
aumentare nel regno la produzione di ferro per il sempre crescente
fabbisogno di materie prime, ordinava una ispezione sui luoghi dell’antica
miniera dismessa.
La relazione presentata
all’intraprendente Sovrano fu favorevole, non solo, a rimettere in attività
la ferriera di Canneto ma anche ad uno sfruttamento dei giacimenti ferrosi
di tutto il bacino del Melfa comprendente anche Alvito e S.Donato . Fu
restaurato tutto il complesso di Canneto, furono rimessi in piedi le mura
perimetrali, i locali abitativi, installate di nuovo tutte le attrezzature
meccaniche: un forno fusorio, una forgia con maglio e nel piano superiore
tre locali furono destinati a deposito del materiale grezzo e del carbone.
Tutto venne meglio di prima.
Non si badò a spese, afferma lo
storico Marsella.
Fu migliorata la viabilità per
un più veloce trasporto a valle dei manufatti.
Nel 1856 fu costruita la strada
che dal bivio porta a Settefrati e fu migliorato anche il sentiero che
conduce al Santuario con ampi tratti di selciato e gradoni in pietra.
Ma nel frattempo, poco prima del
1860, andava sorgendo a Rosanisco (Atina) un’altra ferriera , forte
concorrente di Canneto.
La sua ubicazione nel cuore
della Valcomino rendeva più agevole l’afflusso di materiale grezzo dalle
miniere di Alvito, San Donato e Campoli.
Ma gli eventi politici
precipitarono.
Il 7 settembre del 1860
Garibaldi con le sue truppe invadeva la Capitale napoletana.
Sua Maestà Francesco II
(1836-1894), succeduto l’anno prima al padre Ferdinando II, assieme alla
Regina consorte Maria Sofia, dopo la gloriosa ed eroica resistenza nella
città di Gaeta, riparò a Roma e poi in Francia.
Alla fine di ottobre dello
stesso anno, gli ufficiali borbonici chiusero ed abbandonarono gli
stabilimenti di Canneto e di Rosanisco.
Mentre quest’ultimo fu venduto
ai privati dal Ministero delle Finanze del Governo savoiardo invasore, la
struttura di Canneto venne demolita dal popolo di Settefrati, adoperando i
materiali per l’ampliamento del Santuario della Madonna di Canneto.
La boscaglia prese ,lentamente e
definitivamente, possesso del’antica miniera alle pendici del monte Meta.
Settefrati 6 gennaio 2010
Epifania di Gesù Bambino
Aldo
Venturini
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